"Como un Rayo": viaggio nel cuore di Vallecas
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Data: 15/01/2019 -

"Como un Rayo": viaggio nel cuore di Vallecas

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Il Rayo non si ostenta, ma pulsa sotto la pelle e si vive tutti i giorni. La passeggiata per il barrio, le interviste ai tifosi, la partita: il nostro servizio a Puente de Vallecas
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Il Rayo non si ostenta, ma pulsa sotto la pelle e si vive tutti i giorni. La passeggiata per il barrio, le interviste ai tifosi, la partita: il nostro servizio a Puente de Vallecas

“Essere del Rayo è una cosa che si porta nel sangue. Puoi tifare per il Real, per il Barça o per l’Atletico, ma Vallecas e il Rayo si portano nel sangue. Una frase per riassumere un barrio leggendario, ad appena mezz’ora di metropolitana dalla centralissima Plaza Mayor. Addio elegante Madrid, buonasera Puente de Vallecas. Parliamo del distretto più povero della capitale spagnola, ma animato da una numerosa comunità di 230mila abitanti. E da una squadra di calcio che è tutt’uno con il suo terreno sociale.

Autentico, operaio e politicamente impegnato sin da quando faceva opposizione alla dittatura di Franco. Così il piccolo Rayo Vallecano è entrato nell’immaginario collettivo: apprezzato dai romantici del pallone e oggetto di documentari e narrativa (per ultimo, il libro All’arrembaggio! di Quique Peinado). Ma se passeggiando per le vie di Vallecas credete di respirare colori e fútbol come se foste alla Boca, Buenos Aires, cascate male. Di apertamente rayista ci sono il barbiere, l’autoscuola, i murales e qualche bar. Tutti attorno allo stadio, ovvio. Addentrandosi nel barrio sparisce invece ogni punto di riferimento.



Una delusione? Aspettiamo la partita. Venerdì sera, al Campo de Fútbol de Vallecas (nome casalingo, ma stadio da 15mila posti) arriva il Celta Vigo, per la 19^ giornata di Liga. Tra una birra e l’altra, i tifosi contribuiscono alla raccolta fondi per i meno fortunati del quartiere: nel 2014 aveva fatto scalpore la storia di Carmen Martinez, 85enne vallecana fresca di sfratto e prontamente aiutata dagli attivisti del Rayo a pagare l’affitto.

In fin dei conti il Rayo è così: equipo de barrio che ce l’ha fatta, perché più forte e integro di tutti gli altri. Partendo sempre dal basso, nelle difficoltà, ma sempre aggrappato ai vertici del calcio spagnolo: la Segunda Division della scorsa stagione è l’unico ‘titolo’ della sua storia quasi centenaria. “Non abbiamo Romario, qui non ci sono soldi, però a noi non importa”, cantavano gli autoctoni Ska-P negli anni ’90.

Nello stesso periodo nascevano i Bukaneros, tifoseria organizzata e un po’ speciale. Willy Agbonavbare come idolo (ex portiere nigeriano, rayista e precocemente morto a Vallecas dopo il ritiro), il calcio moderno come nemico. Ragazzi del quartiere, più che ultras. Venerdì alla partita cantano più forte del solito, con il resto dello stadio che li segue paterno. Il bomber De Tomas si porta il pallone a casa, Advincula e Oscar Trejo sono le altre stelline della squadra che schianta il Celta per 4-2. Quando el Rayito segna, è tutta Vallecas che batte un colpo. Una condizione collettiva. Roja y vital.


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