Paolo, nel primo approfondimento assieme, era stato subito chiaro: “E’ l’allenamento che porta ad una maggiore incidenza di infortuni nel corso delle partite. I calciatori, tendenzialmente, hanno quadricipiti troppo forti e sviluppati rispetto alla parte del bicipite femorale, più debole. Il crociato rischia di rompersi quando c’è poca propriocezione, ovvero la capacità delle articolazioni di reagire a situazioni non naturali e imprevedibili. Il crociato che fa crac, molto probabilmente, è dovuto ad una povertà di sensori propriocettivi associato ad una debolezza del bicipite femorale. E se il quadricipite di un calciatore di per sé è abbastanza potente, bisognerebbe equilibrare la sua parte posteriore, ovvero il bicipite femorale”. Oggi, però, con Paolo vogliamo fare un passo oltre. Perché in questo periodo, purtroppo, si sente troppo spesso parlare di inspiegabili ricadute dopo un grave infortunio. Emblematici gli ultimi casi di Milik, Ghoulam, e per ultimo il caso di Conti del Milan. E oggi, grazie all’esperienza e alla precisione di Paolo Terziotti, ci focalizzeremo proprio sul tema delle misteriose ricadute: “Traccerei subito tre punti chiave e preziosi ai fini di analizzare il problema delle ricadute dopo gravi infortuni:
1) Un giocatore, dopo essersi ripreso da un grave infortunio, non sarà più lo stesso calciatore di prima. Tradotto: non sarà più un atleta totalmente integro.
2) Il preparatore atletico è il responsabile della salute e della condizione fisica degli atleti sani. Mentre il responsabile dell’atleta infortunato è il medico assieme al fisioterapista. E quindi, prima del ritorno al lavoro in squadra, il calciatore dovrebbe essere sottoposto ad una serie di test che ne certifichino la completa guarigione, e di conseguenza la possibilità di riprendere gli allenamenti con la squadra. Il preparatore atletico, ad ogni modo, deve inserire gradualmente il giocatore a regime, dal momento che un calciatore infortunato è un atleta fuori forma e condizione.
3) Il preparatore atletico deve assolutamente resistere alla pressione dell’allenatore nell’accelerare il recupero e l’integrazione col resto del gruppo. Non solo, nel calcio di oggi – complici i tanti impegni e i costi elevatissimi di alcuni giocatori – sarà anche la pressione della società ad esercitare un’ansia generale sul lavoro del preparatore e dello staff medico. Inserire un giocatore prematuramente aumenta, in maniera direttamente proporzionale, il rischio di ricadute in un giocatore post infortunato. Aver fretta, quasi sempre, si traduce in un’ulteriore perdita di tempo. Con danni pesantissimi alla salute economica del club ma soprattutto a quella fisica del singolo atleta.