Il senso delle cose sta tutto lì, in un’immagine. Che poi è la vita, sono storie, è lo scorrere del tempo, passato e futuro. Giri di incastri. Padre e figlio piangono in tribuna dopo il fischio finale: Cosenza in B. Lui sui 35 anni, il figlio sui 6. Forse qualcuno di più. Il primo si commuove perché ripensa all’ultima B di 15 anni fa. Prima dei problemi, dei fallimenti, delle lune storte e rimaste tali per un po’. Il figlio ha gli occhi lucidi perché forse non ha mai visto piangere papà. L’ha sempre visto forte, uno scudo contro i cattivi, un fiancheggiatore del buio. Che poi fa sempre un po’ paura anche da grandi. O forse si commuove perché ha ascoltato le sue storie capendone l’importanza. I valori. Vicende del pallone, un contorno di vita.
Il Cosenza torna in Serie B dopo 15 anni, un traguardo sofferto e cercato, voluto. E dopo aver sconfitto il buio. Con l’Adriatico di Pescara nuovamente porta fortuna: nel ’91, proprio qui, sotto la Nord che oggi era del Siena, Gigi Marulla condannò la Salernitana salvando il Cosenza dalla C. Oggi porta ancora bene, come ricordano i cronisti locali, presi dall’emozione del momento. O dalla soddisfazione di poter raccontare una luce tornata a brillare. A inizio gara non parla nessuno, mutismo scaramantico. Poi la festa (anche per loro). Bruccini apre, Tutino fa il bis, Marotta illude e Baclet chiude i giochi, l’uomo playoff strikes again.
Al fischio finale c’è chi piange, chi sorride, chi non dice nulla, chi invia una nota audio all’amico di sempre, liberando un urlo tenuto nascosto. Chi sventola bandiere e chi stringe magliette tra le mani, molte di Marulla. Baclet arriva in sala stampa insieme alla figlia, lei ha la medaglia in mano, Tutino la guarda come per dire "visto? Io e papà abbiamo fatto qualcosa di importante". Di storico. Braglia, infine, si siede per terra vicino al pullman, stanco ma felice, guardando un trofeo già conosciuto. È la sua quarta promozione in carriera. Forse la più sentita, arrivata dal quinto posto in campionato e dopo aver eliminato 7 squadre. Meritata. La città avrà un altro eroe, come Gianni Di Marzio nell'88. Perché alla fine sta tutto lì nel senso delle cose, in un calcio che è anche arte, sofferenza, storie di vita. Di un tutto scorre e tutto torna. Sempre. E infine di immagini: scegliamo l’ultima, giusto 4 parole, una frase cantata da David Bowie e usata dal Cosenza per la coreografia di inizio gara: “We can be heroes”. Just for one day. Va bene così.