Il sogno di una vita. Il sogno di un bambino. “Ora sono qui, tocca a me”. Vittorio Parigini sa che questa può essere la sua occasione, quella che aspettava da tanto tempo, con la maglia che ha sempre voluto indossare. D’altra parte, chi percorre tutta la trafila delle giovanili di una squadra, difficilmente non vuole togliersi la voglia di diventare protagonista con quel club, almeno per un periodo. Ma non è il futuro a contare per l’esterno del Torino: è il presente.
Un presente che
parla chiaro: Vittorio Parigini in un’estate si è trasformato. Da
giocatore di talento incostante, a vera giovane promessa. Un
calciatore maturo, che Mazzarri per tutto il ritiro ha voluto seguire
passo dopo passo in una trasformazione che può ora portarlo a
diventare al centro di un progetto con il Torino. Il suo Torino, dove
è voluto rimanere a tutti i costi, rinunciando in passato anche alla
Juventus. Benedetti, il responsabile del settore giovanile, gli
disse: “Lì saresti un numero, qui saresti Parigini”. Ora vuole
diventarlo davvero.
Ha cambiato tanto in
questi mesi. Quasi tutto. Il ruolo: non è più solo una seconda
punta, ma un esterno a tutto campo, in grado di fare anche la fase
difensiva con efficacia. L’atteggiamento: niente più colpi di
testa, solo tanta concentrazione e umiltà, lavorando con
determinazione per raggiungere l’obiettivo. Addirittura l’agente,
da qualche giorno: Giuseppe Galli, che nel Torino gestisce già un giovane
giocatore come Edera e che adesso vuole aiutarlo a proseguire nella
sua crescita di professionista.
Ma già da diversi mesi i segnali di un cambiamento di testa si erano visti, ed erano stati notevoli. Non solo con la maglia del Toro, ma anche in Nazionale. Un
altro gol è stato segnato con l’Under 21 di Di Biagio contro la
Germania: non è bastato per vincere, ma ha aumentato il suo score
portando a sette le reti realizzate in azzurro, è in generale tra i
più prolifici dell’attuale gruppo a disposizione del ct. Una nuova
vita alla ricerca di quello spazio in campo che “vorrei avere, ma
senza fretta” ha dichiarato proprio durante il ritiro con la
Nazionale. Dalla sua, oltre all’impegno, c’è anche il rapporto
con Mazzarri: “il mio padre calcistico”. Un po’ come lo fu
Moreno Longo in Primavera: tanti complimenti quando li meritava, ma
anche molti rimproveri per cercare di fargli capire che il talento da
solo non poteva bastare.
E poi c’è la
famiglia. Dalla madre Rosa, al padre Claudio: è il suo primo tifoso,
lo segue da quando era piccolo e lo ha sempre aiutato e sostenuto
nelle scelte più difficili. Una di quelle fu lasciare giovanissimo
la Primavera per tentare la fortuna con la Juve Stabia. Ha giocato
poco, ma gli è servito per iniziare a lavorare su se stesso e sul
suo atteggiamento. Era il 2013, cinque anni fa. Un percorso lungo e
tortuoso ma questo è ora il suo momento. Il suo sogno di bambino che può
davvero diventare realtà.