Non è una storia di solo calcio. E d’altra parte non potrebbe essere diversamente. Quella raccontata da Enrico Menegati per Minerva è la storia di un oriundo, un capitano e un esempio. È la storia di «Oscar Massei» (320 pagine, 20 euro), molto più un semplice calciatore.
Lo sfondo di leggeri tratti a mattina, le foto sfocate in bianco e nero, le pellicole sgranate di un epoca che non c’è più. È quello che accompagna il futbol di Oscar Massei tra i campetti di periferia di Rio Cuarto nella sterminata Pampa argentina. Lì dove le rigogliose anse del Paranà conducono da Rosario fino agli scorci del Duomo di Milano e alle rinascimentali sagome nella romantica nebbia di Ferrara. È un viaggio nel calcio e nel tempo. Quei fotogrammi prendono colore sfiorati dai chiassassi e selvaggi tifosi nei leggendari stai argentini, dalla poetica danza sull’erba di Pontoni, Pedernera, di Di Stefano dagli sfrontati e geniali tocco di Omar Sivori, dai maliziosi consiglio dell’epico Giuseppe Meazza, dall’attrattivo magnetismo di Angelo Moratti, dalla magia dei derby con il Milan attorno alle spirali di San Siro. Ma anche dall’infortunio drammatico al ginocchio e dalla scaltra fermezza del presidente Paolo Mazza.
Tutto sfila via, come un’armonica sinfonia suonata dal paradiso all’inferno e ritorno. Lì dove la grandezza interiore dell’uomo nei suoi più intimi valori viene elevata a simbolo di normalità e rispetto, correttezza e gioco, palla e campo, gol e nostalgia.