Spalletti: “Sarri è il Masaniello del calcio. Guardavo sempre il suo Napoli, ma siamo diversi. Possiamo aprire un ciclo”
Le parole di Luciano Spalletti nella conferenza stampa alla vigilia di Napoli-Lazio
La venticinquesima giornata di Serie A si aprirà allo stadio “Maradona” con la partita tra Napoli e Lazio. Otto vittorie consecutive in campionato per gli azzurri, che con una vittoria porterebbero momentaneamente a +21 il vantaggio sulla seconda in classifica. La squadra di Sarri, invece, reduce dal successo con la Sampdoria, con una vittoria salirebbe proprio al secondo posto.
Come di consueto, Luciano Spalletti ha parlato in conferenza stampa alla vigilia della gara del Maradona. Inizialmente, l’allenatore del Napoli ha parlato di Maurizio Sarri: “Ci portiamo dietro una cultura di lavoro iniziata da prima e anche un modo di stare in campo che era propria dei calciatori che hanno preceduto quelli attuali. Sarri ha delle cose simili a me. Piace andare in tuta a tutti e due, a me piace andare in giro anche con gli scarpini con i tacchetti. Entrambi vogliamo dominare il gioco. A entrambi piace avere il possesso palla, che è il tema degli ultimi giorni. Il possesso palla ti fa avere la possibilità scegliere come controllare la partita. L’importante è saper alternare, saper gestire questo possesso palla. Voler giocare verticale è una cosa, ma è un discorso più ampio”.
Poi, ha aggiunto: “Sarri è stato un Masaniello dal punto di vista calcistico, è stato un capo popolo di una rivolta di un modo di vedere il calcio. Io ero a casa e potevo scegliere che partita vedere e guardavo solo il Napoli. Ero a casa sul divano, guardavo il Napoli di Sarri e battevo le mani. Sui campi di Castel Volturno ci sono ancora le linee dei passaggi del Napoli di Sarri. Però non mi importa dei paragoni“.
Napoli-Lazio: le parole di Spalletti
Spalletti ha poi parlato di come è cambiato l’ambiente di Napoli in questa stagione: “Sicuramente è cambiato ed è dipeso dalla conoscenza del calcio in generale, da una maturità di capire come funzionano le cose nella vita. Quello che è fondamentale è che i nostri tifosi non ci aspettano all’arrivo, ma che scendono in campo in ogni partita, come hanno fatto. Non bisogna dare retta a chi ci dice di alzare le mani dal volante ed esultare, ma c’è ancora una lunga strada da fare piena di curve, quindi servono le mani sul volante“.
L’allenatore si è poi soffermato sull’intervista di Osimhen, in cui l’attaccante ha elogiato lo stesso Spalletti: “Provi a intervistare Demme e quelli che giocano meno e vediamo se fanno lo stesso discorso. Demme meriterebbe di giocare per qualità di gioco e perché sa fare bene il suo lavoro. Per me è facile lavorare con delle persone che hanno qualità, attitudine alla disponibilità, a saper ascoltare e a voler apprendere. C’è sempre modo di andare avanti se c’è la disponibilità. È sempre loro la qualità, non la mia. Loro sono calciatori forti. Sono persone che hanno una disponibilità al lavoro e questo fa la differenza. Poi li ringrazio quando parlano bene di me, ma sono sempre loro gli artefici di quello che stanno facendo“.
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Poi ha proseguito: “Il manifesto del mio Napoli? Non lo so qual è. Non so nemmeno qual è quello di Sarri, lo saprà lui. Noi dobbiamo sempre voler fare la partita. Però dipende sempre da chi sei. Davanti hai delle persone ed è più stimolante dirgli di provare a fare la partita e dominare. Noi cerchiamo di percorrere qualcosa che ci piace e dal mio punto di vista è fondamentale. A me non piace fare un calcio dove si sta tutti davanti alla difesa, ho perso spesso ma non mi piace. Se non mi piace, non so farla piacere a loro. Io credo che loro siano contenti di quello che facciamo. C’è sempre uno step successivo al bel calcio. Quando sono arrivato qui, il mio obiettivo era riportare la gente allo stadio, perché è segno che si sta facendo qualcosa che piace. Bisogna tirare fuori le qualità dei giocatori. Poi vedremo dove si va a finire, nulla ci può turbare se non qualcosa di clamoroso.
Sul confronto tra lui e Sarri ha aggiunto: “Le differenze tra il mio Napoli e quello di Sarri? Io sono meno preciso di lui, lui è più ordinato in campo. Lui è molto più quadrato sia in difesa che in avanti. Ogni volta che vedo la Lazio, che sta facendo un calcio bellissimo, si riconosce questa chiusura totale. Loro la porta ce l’hanno chiusa a doppia mandata, sono un corpo unico in tutte le cose che fanno. I miei ogni tanto due attaccano e due scappano, si gioca più su quello che fa l’avversario. Da un punto di vista di praticità, non so qual è meglio. A me piace più così, a lui non lo so, bisogna chiederlo a lui, che dà sempre risposte interessanti“.
Spalletti ha poi chiarito quali fossero gli obiettivi iniziali del suo Napoli: “L’obiettivo quando si iniza un lavoro è arrivare il più in là possibile. Se poi si arriva allo Scudetto, si punta lì. Però ci sono anche altre cose a cui si punta. Per me vincere a tutti i costi e poi fallire l’anno successivo non è bello, a me piace fare una collaborazione con la società e produrre un lavoro che possa portare a obiettivi comuni”.
L’allenatore ha ricordato la partita di andata contro la Lazio: “Secondo me i pareggi precedenti all’andata hanno dato la svolta, non la partita della Lazio. Quelle partite hanno creato una disponibilità al sacrificio. Poi c’è un momento dove la cosa diventa costante. Sembrava che questo non fosse il nostro livello, ma con la costanza del lavoro ora lo è”.
Spalletti ha poi parlato di Inter-Juventus del 2018, partita che per molti ha portato alla mancata vittoria dello scudetto del Napoli: “Per quello che disse Sarri, bisogna chiedere a lui. Quella partita ha influito in parte. Io prendo sempre me come obiettivo, non gli altri. Quella partita la stavamo vincendo, poi ho fatto dei cambi che hanno influito. Eravamo in difficoltà, eravamo in 10 e ho dovuto fare dei cambi. Non sono però io il responsabile di quanto è successo. Io scelgio sempre me come responsabile delle cose che non vanno come vorrei. Io non do responsabilità a nessuno. Abbiamo sbagliato dei gol, abbiamo sbagliato atteggiamento e io sono responsabile. Però di quello scudetto non sono io il responsabile, lo voglio ribadire“.
Spalletti ha poi chiarito: “Voglia di rivincita personale? Io non penso a rivincite verso nessuno. Io voglio fare bene il mio lavoro, come dice il presidente. Allenare bene e basta, non devo fare altro. Poi sono i risultati del calcio giocato che fanno la differenza. Mi fa piacere che ci siano alcune pagine Facebook che mi difensono. Sono pochi, 900mila (ride, ndr). Mi fa piacere che ci siano dei giovani che ti seguono dalla mattina alla sera, è una cosa che mi rende responsabile. Sapere che i tifosi dell’Inter mi fa piacere. Ancora di più lavoro con costanza. Io ho sempre dato il massimo, non ho voglia di rivincita. Se ho litigato in passato, ho litigato per il bene della società. Ho sempre portato avanti la squadra. Però poi a qualcuno fa più piacere dire che io faccio confusione. Dal punto di vista mio, io lavoro sempre allo stesso modo. Io sono bravo se la squadra gioca bene a calcio, se riesco a trovare le parole da dire al giocatore”.
Spalletti ha risposto anche a chi dice che il livello del campionato italiano è basso: “Io non ci penso, penso a passare il tempo con le cose che dobbiamo fare noi, poi valuteremo le differenze con gli avversari. Per me domani è un derby del condominio, quello di cui si parlava a inizio anno, per guadagnarci un pianerottolo nel condominio e non ci interessa altro. In generale, stiamo facendo cose importanti, straordinarie, e ai giocatori va detto bravi e vanno dati loro i meriti. Al di là dei risultati, hanno fatto grandi partite, macinando lavoro, idee, responsabilità e calcio giocato bene. Non è una gara che vinci o una coppa da tre o quattro partite, qui conta la continuità con cui scendi in campo!”
L’allenatore ha poi parlato della situazione di classifica: “I 18 punti di vantaggio? Non li consideriamo, noi dobbiamo valutare le partite ed essere sempre gli stessi, quello fa la differenza, giocarle allo stesso modo, anche in 10 come a Empoli, rispettando sempre l’avversario. Può succedere di tutto, basta un dettaglio per invertire tutto, funziona così. In questo campionato sono successe delle cose che si notano se si sta attenti, devi essere bravo a metterle davanti ai giocatori per avere un modo di ragionare equilibrato”.
Infine, Spalletti ha parlato della possibilità di aprire un ciclo a Napoli: “È un’osservazione interessante, ci sono basi buone, un gruppo forte, sano, fresco, che può esploderti in mano e può durare negli anni. Qui la società è stata brava, Giuntoli bravissimo a sceglierli, individuarli, poi funziona così: tramite i suoi collaboratori tira fuori una lista di nomi e poi bisogna vedere se la società te li compra o meno, tenendo conto delle possibilità che giustamente un presidente attento ha. Può succedere di aprire un ciclo, ci sono ragazzi fuori che hanno giocato poco e hanno enormi qualità e che ogni volta che ne scelgo 11 mi piange il cuore, Elmas va fatto giocare, lui non è mai venuto ma se venisse a chiedermi cosa deve fare per giocare io sarei in prigione, non saprei cosa rispondere. C’è Raspadori, il presidente ce l’ha messo a disposizione, sembrava difficile, è arrivato, è il futuro dell’Italia e non l’ho fatto giocare, c’è Gaetano, stravedo per lui e scommetto su di lui, poi deve crescere ma credo in lui. Zerbin che ha sempre dato disponibilità, Zedadka non l’avete mai visto ma mi avrebbe fatto piacere passare in Coppa per farvelo vedere, per questo mi ha dato fastidio uscire, un paio di partite avrebbero influenzato il ritmo di recupero della squadra, ma potevamo anche scegliere di andare in 15 in ritiro e lasciare a casa altri, far sentire titolari chi non giocava”.