Gentile, ma di una gentilezza reale, non di facciata. Prima di riuscire a parlargli, per i tanti impegni, abbiamo dovuto chiamarlo più volte: “Scusami, proprio non riuscivo a risponderti. Possiamo fare domani?” ti dice in un italiano ancora perfetto. Appuntamento fissato, impegno rispettato con estrema puntualità. Torniamo alla sua storia: “All’Inter avevo giocato poco, ma non era un problema. Nella mia seconda estate italiana arrivò Lippi che fece firmare Georgatos: era lui la prima scelta, mi venne comunicato che non avrei avuto tanto spazio. Accettai di restare comunque, solo che poi si fecero avanti il Manchester United, il Liverpool e l’Arsenal: cambiò tutto. In Premier mi dicevano che avrei giocato sicuramente”.
Silvestre e l'Inter: "Moratti, i retroscena su Ronaldo e Ferguson..."
Mai previsione fu così azzeccata. Eppure in nerazzurro era arrivato con la voglia di crescere con calma. L’obiettivo? “Diventare come Thuram”, un difensore di riferimento per ogni squadra. Con lui giocavano Baggio, il primo Pirlo, Zamorano. “E poi c’era il Fenomeno, Ronaldo. Un giocatore pazzesco. Era bravissimo pure in cucina: spesso ci invitava a cena e faceva tutto lui”. Inevitabile parlare del brasiliano: “Sai, quando ci allenavamo ci veniva dato un preciso compito: non andare troppo forti su di lui. A parte che era difficilissimo riuscire a fermarlo...”.
Ma allora perché quella squadra è andata così male? Una risposta difficile da trovare: “Gli allenatori cambiavano, i tifosi si arrabbiavano perché un anno vinci la Coppa Uefa e poi con la stessa rosa l’anno dopo vai male. Avevi addirittura Baggio e non riuscivi a fare niente. Moratti era sempre presente, anche se rispetto a me aveva rapporti più con i francesi da maggior tempo in rosa: Djorkaeff e Cauet. Però insomma, alla fine ho imparato molto anche così”. Sembra strano, vista l’esperienza. Ma Silvestre sa da dove è partito e quanta fatica ha fatto per arrivare dove voleva. “Ho avuto tanti maestri” dice. Silenzio, un momento di riflessione. “Mi fa impressione pensare che all’inizio non pensavo nemmeno di fare il calciatore: fino a 16 anni giocavo solo per divertirmi. Ma poi il Rennes mi ha messo sotto contratto con la sua Primavera. Quindi ci ho pensato. E quando arrivi all’Inter e ti trovi giocatori come Zanetti, lo zio Bergomi, Roberto Baggio, inizia a pensare che qualcosa di diverso ci sia”.
Questi sono i nomi che gli vengono in mente pensando all’Inter. Ma il maestro indiscusso è un altro. E l’ha conosciuto in Inghilterra: “Ferguson”. Lo dice subito, voleva farlo. “Era come un padre per me, e non scherzo. Ma poi pariamo di una persona che era innamorata del calcio e di quello europeo in particolare. Ai miei primi allenamenti mi raccontava del Marsiglia e Psg, per farmi sentire a casa. All’inizio lo ascoltavi e basta. Ti raccontava la sua storia per filo e per segno, anche di quando era lui un giocatore. Sapeva di non essere forte. La cosa bella è che i primi anni stava anche tanto in campo con noi, batteva i rigori, giocava a calcio. A poco a poco era passato a delegare: aveva anche tanti altri impegni”. Come scoprire talenti. Uno degli ultimi? Un certo Cristiano Ronaldo. (A pagina 2: l'episodio di Ferguson e Cristiano Ronaldo)