“Siamo arrivati allo stadio prima della partita: c’era il concerto di un gruppo venezuelano nelle strade e nelle vie adiacenti. Tutti cantavano e ballavano. Non mi sembrava vero”. Prendere un aereo, percorrere più di 8000 chilometri e scoprire come una partita di calcio possa rappresentare una festa e un momento di leggerezza, bastano un po’ di musica e il sorriso. Malumori e bad vibes non appartengono al popolo venezuelano. “Per il Venezuela la partita è una festa. Il risultato passa in secondo piano” racconta Massimo Margiotta ai microfoni di gianlucadimarzio.com. L’italo-venezuelano, attualmente responsabile del settore giovanile del Verona, ha usufruito del doppio passaporto scegliendo di rappresentare la nazionale del Venezuela - paese in cui è nato – nella Copa America del 2004.
“L’esperienza più incredibile della mia vita”
Maracaibo è casa, l’inizio di una vita che gli riserverà una strada e un percorso unico. Dopo la trafila nelle giovanili della nazionale italiana, Margiotta sceglie di giocare per il Venezuela. Se potesse tornare indietro, la rifarebbe altre mille volte. La conferma arriva dal diretto interessato: “Presi questa decisione durante le qualificazioni per i Mondiali del 2006. L’Italia aveva un parco attaccanti pazzesco; dopo le Olimpiadi e gli europei con l’U21 ero consapevole che la mia esperienza in nazionale sarebbe terminata. Poi, ecco l’opportunità: secondo le regole FIFA, per chi non avesse fatto ancora nessuna presenza nella nazionale maggiore avrebbe potuto giocare per l’altra. Io sono stato il primo in assoluto ad usufruire di questa cosa. Ho vissuto solo 8 anni in Venezuela ma è il luogo in cui sono nato e dove la mia famiglia ha trascorso gran parte della propria vita. Ho accolto con grande entusiasmo questa opportunità e calcisticamente parlando è stata un’esperienza incredibile”.
Una questione di abitudine
“Alla fine è tutta una questione di abitudine” racconta Margiotta. L’esordio contro l’Australia rimarrà un ricordo indelebile, non tanto per il risultato quanto per il prepartita. “Tutti ballavano e cantavano fuori dallo stadio e anche dentro gli spogliatoi. In Europa siamo abituati a rimanere concentrati e in silenzio prima della partita. Ricordo che Ricardo Paez (l’allenatore all’epoca) mi prese da parte e mi fece mettere nel suo spogliatoio perché mi vide in confusione e sapeva che le nostre preparazioni alle partite erano totalmente diversa da quella che stavo vivendo in quel momento. Poi non ti nascondo che dalla partita successiva mi sono comportato come loro (ride ndr)”.
Tra risate e buon umore, Margiotta rivela un aneddoto singolare: “Durante le qualificazioni per la Copa America, siamo stati in Bolivia. Lo stadio si trova a 4000 metri di altitudine. Io non sono riuscito a entrare in campo: non riuscivo a respirare”.
“Comunque vada, per il Venezuela sarà una festa”
Per la prima volta nella storia, il Venezuela incontrerà l’Italia. Un onore, oltre che una gioia per il popolo sudamericano. “Per i venezuelani sicuramente sarà una partita emozionante. Per me sarà bello vedere questa partita perché immagino cosa proveranno loro”.
Comunque andrà, sarà festa. Venezuela, paese di allegria con una passione travolgente per la vita. Oltre il calcio, oltre i novanta minuti.