Nelle “Notti” che canta Luciano Ligabue a contare non è la strada, ma in quelle di venerdì e lunedì prossimo sarà importante tenere ben impressa nella mente la meta. Che lo sappiano i ragazzi di Ventura. Perché non conterà quale strada (tattica) sceglierà il ct per portare a casa il risultato. Non conterà se a farci saltare dalla poltrona sarà Rugani, Verratti o Immobile: l'importante sarà sapere di essere al Mondiale.
Bisognerà esserne consapevoli. Consapevolezza che aveva anche Fabrizio Ravanelli nel 1997. Eh sì, proprio 20 anni fa l’Italia si ritrovò la Russia sulla strada per Francia '98. Gli azzurri conoscevano le loro qualità e sapevano - nonostante un girone di qualificazione chiuso al secondo posto dietro l'Inghilterra e senza mai aver perso - di andarci. Cosa sarebbe stato - e cosa sarebbe - un mondiale senza Italia. "Eravamo consapevoli di avere le qualità per vincere e avere la meglio, eravamo tutti dei grandi campioni”. Eppure nonostante la sicurezza, non fu facile. Se lo ricorda bene Fabrizio Ravanelli che quelle due sfide contro la Russia se le sente ancora addosso. "All'andata in casa loro fu difficilissimo. Nevicava. Il freddo e il terreno non ci diedero la possibilità di rendere al meglio. Fu determinante Buffon. Già alla sua età era fortissimo. Aveva la sfrontatezza del campione, era sicuro di sé. Sapevamo di avere una saracinesca dietro. Quando tornammo negli spogliatoi a fine gara glielo dissi. Poi al ritorno a Napoli abbiamo fatto una grande partita, giocandocela bene".
Ricordi di uno spareggio col sapore di una finale. E oggi? Cosa dobbiamo aspettarci dagli azzurri scelti da Ventura per giocarci il Mondiale? “Siamo più forti della Svezia, ma quando arrivi ad uno spareggio così importante non è mai semplice. La logica vorrebbe che siamo i favoriti, ma rispetto all'Italia del '97 non ci sono tante certezze nei singoli. Noi avevamo Maldini, Del Piero, Vieri, Costacurta e tanti altri grandi campioni, oggi possiamo fare affidamento su giocatori come Belotti, Zaza, Insigne e Immobile, ma dobbiamo giocare di squadra. Il tutto senza fare affidamento su un giocatore che può risolvere la partita da solo”. La necessità di avere uomini d'esperienza è fondamentale in queste partite. Più ne hai meglio è, e secondo Ravanelli tra questi 27 qualcuno manca all’appello. “Marchisio avrebbe potuto fare molto comodo anche a mezzo servizio. Il suo carisma, la sua esperienza e la sua classe avrebbero fatto al caso di Ventura”.
Una doppia sfida da dentro o fuori dove l’Italia si gioca tutto. Perché non si gioca solo una partita di calcio, si gioca una partita per un popolo, come sottolinea anche Ravanelli. "Vincere è importante per tutti. Non solo per i giocatori, ma per un paese intero". Ne ha vinte e giocate tante di partite da dentro o fuori, l’ex bomber della Juventus e della Nazionale, partite che valgono una carriera. E allora come ci si prepara?. "Isolandosi e cercando di rimanere concentrati. Studiare l'avversario è fondamentale così come evitare il più possibile le distrazioni. Ma la cosa più importante è la serenità. Quella ti fa rendere al 100%. Per ottenerla saranno fondamentali tutti, dal magazziniere al capitano. Bisogna creare una forte unione e starsi vicino, perché al Mondiale ci si arriva tutti insieme”.
Serenità e unione. Due ingredienti fondamentali della ricetta giusta per battere la Svezia e volare in Russia. Come ha fatto Ravanelli nel 1997. “Non so chi possa essere il mio erede, mi auguro che possa essere uno degli attaccanti, ma aldilà di questo credo che la cosa più importante sia passare il turno". Poche storie, molti fatti: per conquistare il Mondiale serviranno sopratutto quelli.
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