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Data: 29/05/2021 -

Jorginho, dalla Lega Pro alla finale di Champions League: la sua Sambonifacese

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Un passo indietro nel tempo con Jorginho tra taglie mancanti, carne alla griglia e la sua Peugeot 106
Un passo indietro nel tempo con Jorginho tra taglie mancanti, carne alla griglia e la sua Peugeot 106

30 chili vestito”. Jorginho non trovava spazio nell’Hellas Verona perché era troppo magro e gracile. Era il 2010 e, in Italia da 3 anni, aveva lasciato famiglia e amici in Brasile sedicenne per giocare nelle giovanili gialloblù. Un percorso, però, senza un traguardo apparente. Zero presenze in prima squadra e nessuno su cui fare affidamento. Per un adolescente lontano 30 ore da casa il pensiero non può che essere quello di gettare la spugna. Solo una persona ha creduto in lui, Mauro Gibellini, direttore sportivo del Verona all’epoca.

 

Personalità da vendere

 

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Credits: Archivio Sambonifacese

 

Gibellini era riuscito a convincere Mario Tesini, altro ds di una piccola realtà della provincia veronese in procinto di giocare la sua prima stagione storica in Lega Pro: la Pro Sambonifacese. Un accordo che è stato per Jorginho un’ancora di salvezza perché la tentazione di mollare tutto e tornare in Brasile era tanta. Arrivato a San Bonifacio le cose non sembrano migliorare.

Roberto Zantedeschi, allora dirigente del settore giovanile, ai microfoni di gianlucadimarzio.com ha rivelato che l’idea “era quella di farlo partite con gli juniores nazionali”. Invece, dopo il ritiro estivo ad Asiago, l’allenatore Claudio Valigi ha voluto portarselo subito con sé: “Aveva ben in testa cosa fare. Il talento lo riconosci subito ma spiccava sugli altri per personalità. Più palloni gli davi e più si esaltava. Chi giocava con lui migliorava, come oggi Locatelli e Barella in Nazionale”.

 

"Non c'erano le taglie per i completi di allenamento"

 

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Una new entry che aveva sorpreso anche il magazziniere, Pierantonio Faedo: “Appena arrivato lo chiamavo ‘Pittarello’ (tacchino) perché aveva le gambe piccoline e gli dicevo sempre che doveva fare palestra. Nel ritiro estivo ad Asiago non c’erano nemmeno le taglie per i completi di allenamento”.

Detto, fatto. Jorginho finita la sessione con la squadra si fermava sempre per potenziare il suo fisico, come ci racconta il capitano di quella squadra, Claudio Sarzi: “Oggi dovrebbe essere visto come modello per i giovani: con il lavoro si può arrivare. Andava in palestra da solo per migliorarsi e in spogliatoio veniva rispettato per la sua dedizione al lavoro. Non usciva mai dalle righe, pesava 60 kg, era astemio e l’unico svago che si concedeva era andare a ballare qualche volta nei locali brasiliani ma quando era in campo era un martello”.

 

"Piatto preferito? Carne alla griglia"

 

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E infatti, dopo la prima partita saltata per un tesseramento che doveva ancora arrivare, ha sempre giocato. E se in campo sembrava un trentenne già fatto e formato, fuori c’era ancora bisogno di qualcuno che lo prendesse sotto la sua protezione. Al campo c’era una piccola casetta in cui i giocatori pranzavano e cenavano insieme e il cuoco era Renato Facchin, a cui Jorginho si era affezionato: “Lo trattavo come un figlio. Prima che prendesse la patente lo invitavo anche a casa mia a mangiare perché non sapeva mai dove andare. Il suo piatto preferito era la carne alla griglia”.

Insomma, in qualche modo lo si doveva pur fare ingrassare. Sempre Facchin gli concedeva il suo garage per parcheggiare la macchina che “non sapeva dove mettere”, una Peugeot 106 comprata grazie ad un premio che Joao Santos, il suo agente, aveva chiesto alla società. 

 

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Società che è stata “ripagata” sul campo con la salvezza. Per Jorginho 33 presenze e 1 gol ma soprattutto una piccola grande famiglia che gli ha permesso di esprimersi come prima non era mai riuscito, nonostante davanti avesse compagni che venivano da contesti calcistici più importanti secondo Tesini: “In partenza c’erano giocatori più quotati di lui: ha smentito tutti sul campo dimostrando che erano gli altri che dovevano darsi una svegliata”. 

 

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Sapeva di farcela ma non poteva farcela da solo. Dopo il suo addio, purtroppo, sono arrivati tempi bui per la Sambonifacese. Nel 2021, anno del suo centenario, avrebbe dovuto giocare la prima categoria tra i dilettanti. Un declino dopo 100 anni di storia che sarò sicuramente colmato, nel cuore e nell’orgoglio, perché sono stati a primi a crescere e coccolare Jorginho, un ragazzo che “con quel fisico non sarebbe andato da nessuna parte” e che invece stasera si giocherà la finale di Champions League.



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