“Genio e sregolatezza”. Quanto incide la nostra mente sul risultato?
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Data: 09/11/2021 -

“Genio e sregolatezza”. Quanto incide la nostra mente sul risultato?

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Agata Centasso ci racconta quanto conta il nostro comportamento nelle ore precedenti ad un match
Agata Centasso ci racconta quanto conta il nostro comportamento nelle ore precedenti ad un match

È domenica mattina, quasi all’alba, sono in autobus con la squadra in direzione Bressanone. Nonostante la sveglia ad un orario inconcepibile, mi sento bene, persino riposata. Molte volte, pur essendo particolarmente fresca, in campo brillo poco, mentre altre volte porto a casa la miglior prestazione di sempre anche se reduce da giornate lavorative pesanti. Oppure, quante volte capita di giocare benissimo in allenamento e non riuscire ad esprimere lo stesso livello in partita?

 

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Osservo le mie compagne: c’è chi dorme, chi gioca a carte, chi ride, chi ascolta la musica, chi non si accontenta di ascoltarla e canta, chi legge. Chi racconta cosa ha fatto la sera prima. Chi urla perché a suo avviso il clima è troppo “smorto” e incita le compagne ad essere più partecipi.

Morale, quanto incide la nostra mente sulle prestazioni? Quanto conta il nostro comportamento nelle ore precedenti ad un match? Tra le numerose componenti che incidono sul risultato, sicuramente quella mentale è una delle più importanti. Almeno secondo il mio modesto parere e la mia esperienza. Come avere quindi una giusta preparazione psicofisica?

 

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Come quando ci si prepara per dormire facendo una serie di gesti che conducano la nostra mente al rilassamento, così prima di una partita sarebbe indicato seguire determinate abitudini che inducano la nostra mente a concentrarsi. Ed ecco qui che allora si può assistere alle più disparate forme di comportamento. Da quelle più tradizionali, come ad esempio la compagna che ascolta la musica o quella che semplicemente si isola in scrupoloso silenzio, si passa alle varie sfumature di superstizione, come chi ogni domenica indossa sempre le stesse mutande o mette sempre prima il parastinco destro e poi il sinistro, per arrivare alle sfumature religiose, con il classico segno della croce prima di entrare in campo e sguardo rivolto al cielo. E come gli antichi greci prima della guerra, ogni segno esterno viene colto e interpretato come un segnale divino che suggerisce il futuro successo o insuccesso della battaglia.

Così, si sentirà una compagna esclamare davanti a qualche avvenimento apparentemente irrilevante: “Ecco, è passata una macchina gialla! Oggi perdiamo…”.

 

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Sicuramente, lo schema di comportamento più indicato per favorire una buona prestazione è legato a un buon mix tra l’orario dell’alzata mattutina, il risveglio muscolare, la corretta alimentazione e un giusto atteggiamento di riservata concentrazione. La cosa più curiosa però è che ci sono dei giocatori che sfuggono a questi protocolli. Anzi, più si cerca di inquadrarli in questi metodi più se ne avrà un impoverimento della loro prestazione. Ed ancora più curioso è che tendenzialmente questi sono i fuoriclasse, quei giocatori di un altro livello. Quasi come a dire che controllarne il loro istinto o modificarne la natura ne consegua un grosso danno. A una delle mie compagne, ad esempio, piace bere a pranzo mezzo bicchiere di vino. Per quanto sicuramente suonerà poco ortodosso, posso assicurare che quando lo fa, poi in campo si può cogliere tutta la sua maestria. Quando si dice, “genio e sregolatezza”. Un’altra invece salta completamene il pranzo ma beve una coca cola tra primo e secondo tempo.

 

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Altre invece vivono il sabato sera senza rinunciare alla vita mondana, perché inciderebbe in maniera negativa sulla partita del giorno dopo. So che leggendo magari storcerete il naso, ma vi inviterei volentieri a vedere queste fuoriclasse giocare. Molte volte mi lasciano senza parole: non sembrano umane, avvicinano il calcio all’arte, espressione del genio e di innato talento. E come dice Nadal: “La forza mentale distingue i campioni dai quasi campioni”.

 

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Ps: il viaggio sta terminando, siamo quasi a Bressanone, è ora di concentrarmi sulla mia partita. Vi dirò, alla prossima puntata, se scrivere questo articolo sia stato o meno una buona “preparazione psicofisica” al match.

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