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“Io, un ragazzo dei Quartieri…”. Antonio Bocchetti si racconta: “L’amore per Miano, il soprannome O’Pazz e Pescara, ‘nu piezz”e core. Ora Ds della Paganese, ambiente fantastico”

Un legame speciale con la propria terra, con le proprie origini. Un legame non solo ‘virtuale’, ma anche e soprattutto ‘fattuale’… “Noi da trent’anni, qui a Miano, abbiamo una Scuola Calcio, l’Asd Bocchetti. Essa ha soprattutto una funzione sociale, per levare i ragazzi dalla strada. Anziché giocare in strada vengono qui, giocano e si divertono”. Maglia del Napoli e pallone, che rimbalza di qua e di là tra le vie del Quartiere. Non si ferma mai, rotola continuamente. Le urla dei guaglioncelli, le ginocchia sbucciate, le partite all’indimenticata scartarella, le porte improvvisate. Eccola qui la vera dimensione del calcio: ben lontana da quelle spregevoli logiche economiche che rendono anche il pallone, mezzo di divertimento e di speranza per antonomasia, un biasimevole espediente di profittizzazione. Pensieri e immagini, quelle di cui sopra, molto familiari per Bocchetti… “Come uscivamo da scuola, eravamo subito in strada a giocare fino a notte. Quella per noi era la felicità vera. Mi chiamavano O’Pazz perché – racconta Bocchetti ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com mi arrampicavo dappertutto, ovunque sarebbe andato il pallone io mi sarei arrampicato e lo avrei preso. Terrazze, balconi, alberi, avevo una tigna che mi porto dietro tutt’ora. Non volevo smettere mai di correre dietro al pallone…”.

E, infatti, non ha mai smesso. Determinato, tignoso, schivo. Non amava e non ama parlare, “contan e fatt!”. Una lunga carriera da calciatore, con Pescara quale apice assoluto… Maestro Zeman il migliore che ho avuto, ti insegna i valori veri, ti insegna ad essere uomo. E poi Insigne, Immobile e Verratti. Che altro devo aggiungere? Ah, che è ‘nu piezz”e core e che ci torno sempre volentieri”.

Poi la nuova avventura da dirigente, “perché fare l’allenatore non mi piaceva proprio e qualcosa una volta che smetti lo devi fare”. Un’onestà rara nel mondo dei canovacci pre-scritti e pre-stabiliti. Giusto pochi giorni fa è arrivata, a Coverciano, l’abilitazione da direttore sportivoE’ stata un’esperienza unica, mi ha aperto la mente. Ringrazio i miei 42 colleghi, di un’umiltà fuori dal comune e i docenti di prim’ordine che mi hanno davvero insegnato tanto. Una lezione che porterò sempre dentro è stata quella di Filippo Fusco del Verona sulla concezione della sconfitta. Essa è una componente del calcio e va accettata, prendendo esempio dal modello inglese. Lì si vince o si perde, la domenica dopo i tifosi sono sempre in curva ad incitare la squadra più di prima. E quest’arte del saper perdere mi è servita davvero tanto, specie ‘a uno come a me’ che si in…nervosisce anche per una sconfitta nelle partitine d’allenamento”.

Seconda stagione di Paganese, bilancio? Positivissimo! Io avevo proprio bisogno di un ambiente così: semplice e familiare. Qui ci vogliamo tutti bene, lanciamo i giovani con tranquillità, facciamo le cose senza ansia. Voglio ringraziare il presidente Trapani, il presidente onorario Calabrese, il direttore generale Filippo Raiola e Fabrizio Ferrigno che non è più qui. Siamo stati insieme anno scorso ed è stata una persona molto importante per me. Ma da queste parti di gente importante, soprattutto dal punto di vista umano, ne è passata. Cito Grassadonia, il migliore dopo Zeman, per citarne tutti. La riconoscenza è un valore importante, io che vengo dai Quartieri lo so bene…”.

Perché il Quartiere è un pezzo di cuore, è un qualcosa che non si può e non si deve spiegare. Viviamo nel mondo dell’iper razionalizzazione. Ma a forza di voler spiegare e dar un senso a tutto, abbiamo perso quella parte irrazionale di noi costituita da sentimenti ed emozioni…