Il tramonto che bacia l’Etna, alle spalle della Curva Nord e le torce di 19mila tifosi ad illuminare gli spalti. È questa una delle cartoline della serata all’ “Angelo Massimino”. L’ingresso delle squadre in campo é stato da brividi. Emozionante. Indescrivibile. E da provare, almeno una volta nella vita. I cori della Nord, spesso e volentieri contestualizzati solo in quell’area lí, hanno trascinato il resto dello stadio.
Anche le tribune principali, che spesso mostrano una partecipazione più pacata. Mezz’ora di fuoco sugli spalti e in campo, fino al minuto trenta - quando il vantaggio del Siena ha gelato gli animi. Ma solo per qualche secondo. A quel punto lo svantaggio, considerando l’andata, per il Catania è stato doppio. Una partita tutta in salita, solo per cuori duri. Ma il Catania e i suoi tifosi alla sofferenza ci sono abituati, da sempre. La gioia del pareggio arriva ad un minuto dell’intervallo.
L’ex Cibali esplode letteralmente e lo speaker invita ad urlare al cielo il nome del marcatore: “Davis Curiale” - per ben tre volte. È l’apoteosi. Tensione e nervosismo vengono incentivate da un gol regolare annullato e da due rigori non concessi. La città lotta, difende, continua a spingere la squadra, incessantemente. Lodi restituisce le speranze e regala la gioia del secondo gol, riapre i giochi e porta i compagni ai supplementari. È una battaglia in campo, un delirio sulle curve o tribune che siano, indistintamente. Il sogno chiamato Pescara si decide ai rigori. Tutti in piedi, stretti, abbracciati al compagno di posto vicino.
Un boato per ogni gol del Catania, 19mila fischi ad ogni rigore del Siena. Ma non bastano. Mazzarani sbaglia il quinto rigore e consegna la finale di Pescara al Siena. L’incantesimo si è spezzato, il sogno è svanito. Almeno per quest’anno. Si spengono le luci sul Massimino, in un silenzio assordante e con le lacrime che scendono giù. Il Catania esce a testa alta ma sarà ancora Serie C.