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Data: 01/12/2021 -

Ibrahimovic: "Voglio giocarmi lo scudetto, con il Napoli era fatta. I titoli con la Juve..."

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L'attaccante svedese del Milan, alla vigilia dell'uscita del suo libro, si racconta in un'intervista al Corriere della Sera
L'attaccante svedese del Milan, alla vigilia dell'uscita del suo libro, si racconta in un'intervista al Corriere della Sera

"Finché reggo, faccio il centravanti. Voglio giocarmi lo scudetto fino all’ultima giornata. E andare al Mondiale in Qatar". Zlatan Ibrahimovic, in un'intervista concessa al Corriere della Sera, non vuole parlare di ritiro e fissa gli obiettivi personali e del suo Milan.

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Alla vigilia dell'uscita del suo libro "Andrenalina", lo svedese spiega i motivi che lo hanno spinto a tornare in Italia e a vestire la maglia rossonera per la seconda volta in carriera, svelando anche un retroscena di mercato.

"Ero stanco dell’America, pensavo di smettere - racconta lo svedese. Con il Napoli era fatta, ma poi De Laurentiis cacciò Ancelotti. Allora chiesi a Mino: quale fosse la squadra messa peggio in cui potessi andare e mi disse che il Milan aveva recentemente perso 5-0 con l'Atalanta. Decisi di andare lì".

"Moggi incuteva soggezione, ma non a me" 

Ibrahimovic parla poi dei dirigenti che hanno segnato la sua carriera. "Moggi con me è stato il top - dice. Gli scudetti revocati con la Juve? Li abbiamo vinti e nessuno ce li può togliere. Moggi era uno che incuteva soggezione, anche se non a me".

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Capello, Allegri a Guardiola: Ibra e i suoi allenatori

Lo svedese parla poi dei rapporti avuti con i suoi allenatori fuori e dentro al campo, a partire da Fabio Capello. "Mi ha insegnato a badare al gol. E mi ha massacrato, di continuo. Un uomo molto duro - spiega - Allegri? E' bravissimo a gestire lo spogliatoio, ma doveva avere più coraggio: andare al Real Madrid, misurarsi con l’estero. Invece ha fatto la scelta comoda".

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Con Guardiola invece il feeling non è mai nato. "Non mi ha mai capito - dice. Voleva programmare tutto quello che dovevo fare. Mi veniva un gesto d’istinto, ma poi pensavo a quello che voleva Guardiola, e cambiavo. Guardiola non ama i giocatori di personalità. Ero diventato un problema; e siccome non riusciva a risolverlo, l’ho risolto io andandomene".

L'intervista completa sulle pagine del Corriere della Sera

 



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