A tu per tu con Ibrahimovic. Nella cornice di Milanello ("casa") per parlare di presente, passato e soprattutto futuro.
Lo svedese a 360 gradi, ai microfoni di SkySport. Dalla A alla Z...latan.
"Quando la gente parla contro mi dà la carica"
"Galliani era venuto a casa mia a Barcellona, si è tolto la giacca e ha detto: "Io non mi muovo da quifino a quando tu non vieni con me". E c'era Helena e diceva: ma questo chi è? Una persona importante, il futuro.
Quando sono arrivato al Milan ero molto contento perché a Barcellona era un momento così così. Non si capiva bene com'era la situazione... Allora sono stato io uomo e ho detto: va bene, se ci sono problemi e non so quali sono, allora me ne vado. C'era il Milan, c'erano altre squadre ma ho detto: conosco Milano, la città mi piace tanto.
Tanti stimoli. E' una sfida e questa sfida mi piace perché quando la gente parla contro mi carica, mi dà energia, motivazione, adrenalina non per convincere ma per dimostrare che non è come dicono. Adesso era un'altra situazione, non era come 10 anni fa".
"Meglio qui per riportare il Milan al top che altrove"
"Questa è un'altra sfida. Dicevano 'è difficile', 'è impossibile'. E questa cosa mi piace perché se riesco a fare una cosa così secondo me è più grande che giocare in una squadra che è già al top e tu entri entri in questa squadra e la storia solo continua. Invece qua la storia è contraria. Qui devi riportare la squadra al top e fare capire ai giocatori cosa significa essere al top.
Se avevo paura? No. Altrimenti non avrei firmato. Era la stessa situazione di quando ho firmato per lo United. Dicevano: 'sei troppo vecchio, il ritmo della Premier è troppo alto. Allora io faccio il contrario di quello che tutti dicono".
"Non accetto errori, metto pressione alla squadra"
"Se metto pressione alla squadra? Sì, lo faccio ancora. Adesso più di prima. Non accetto un passaggio sbagliato. Chiedo tanto? Sì, se non ti alleni bene ti dico qualcosa. Mi sto allenando tanto.
Con il passare degli anni un giocatore cambia. Come gioca, cosa riesce a fare, cosa è capace a fare. L'allenatore secondo me ha trovato il modo di farmi esprimere al meglio le mie qualità. E mi mette in condizione di aiutare la squadra. Parla tanto con me. Io è normale che voglia giocare sempre tutte le partite ma ogni tanto dico che forse è meglio che riposi e lui: 'no, no, devi giocare'.
Per esempio in Europa League mi ha detto: 'fai 45 minuti e poi viai fuori'. Io lo rispetto, se serve, sono disponibile. Devo farlo perché ho una responsabilità verso i compagni. Loro mi rispettano tanto e io li aiuto".
"Sento tanto questo senso di responsabilità verso i miei compagni"
"La squadra ha tanta fame. Io? Ho i miei obiettivi: fare meglio dell'anno scorso, ovvio, però secondo me non dobbiamo dire 'Dobbiamo arrivare là...'. Pensiamo una partita alla volta, la squadra è giovane. E tu sei forte come l'ultima partita giocata. La squadra ha fame e tanta voglia, poi sappiamo che non è come l'Inter o la Juventus.
Forse c'è qualcuno che non è pronto a giocare tutte le partite, qualcun altro a cui manca qualcosa... Arrivare in Champions? Penso che la squadra possa arrivarci, sì. Dopo che ho giocato quanti mesi? Sei, sette, otto mesi qua. Penso di sì".
"Sembra che io sia un boss o un presidente ma la situazione non è questa"
"Sono me stesso, poi si discute, non va bene avere intorno persone che dicono solo 'sì' e non esprimono le loro opinioni. Questo è importante, sennò come fai a stare bene? Il confronto è molto importante. Di me si è detto tanto: 'è difficile giocare con lui, perché lui è tanto aggressivo, molto forte nel suo…' Chi lo dice? Chi ha giocato con me. Quando ho lasciato una squadra ho sentito tanti fare interviste così.
Quando è uscito Last Dance ho detto: esempio perfetto. E’ tutta una mentalità vincente, che fa tutto per vincere. Non dico che sono Jordan, dico solo il modo di lavorare, fare cose per vincere. E’ una mentalità differente. Non dico che vado in giro a baciare tutti, dai va bene raga andiamo, no, metto tanta pressione.
"Quando sei a questo livello, o mangi o ti mangiano. E io ho scelto di mangiare"
"Chiedo tanto? Sì. Accetto un pallone sbagliato? No, non lo accetto, perché quando siamo a questo livello ovvio che siamo tutti qua per fare una prestazione. Poi quando giochi nel Milan si chiede tanto, perché qua devi vincere: se non vinci portano un altro per vincere. E’ normale. E nel mio mondo faccio tutto per vincere. Poi quando sbagli è normale… Nel mondo funziona: quando fai qualcosa bene, quante volte senti che è positivo, bene? Non tanto. Nel mio mondo è normale. Quando fai per esempio un passaggio bene, per me è normale, perché se non lo fai bene non devi essere qua. Se tu sbagli è normale che lo senti.
Uno la prende male, uno lo prende bene. però secondo me, quando sei a questo livello, o mangi o ti mangiano. E io ho scelto di mangiare.
Con i miei figli? Metto pressione, metto disciplina. Perché secondo me devono capire come funzionano le cose. Disciplina, rispetto, sacrificio e lavorare tanto. Piccoli dettagli che ti costruisci".
"Quando sei più vecchio non si parla di qualità ma solo di come stai fisicamente"
Futuro da allenatore? Non penso, perché secondo me essere allenatore è una cosa stressante. Soprattutto quando sei stato un calciatore, e poi sei in campo a dare comandi ad altri, per fare cose che loro non riescono a fare e che tu hai fatto per tutta la vita. Non lo so se riesco. Però non dico no e non dico sì, ma secondo me è troppo stressante.
Giocare per altri 2/3 anni? Fino a che posso continuare e stare bene. Perché quando sei più vecchio, hai più età, non si parla di qualità, si parla solo di come stai fisicamente. Se stai bene fisicamente ce la fai, come Totti. Totti se stava bene fisicamente continua. Ma vale per tutti. Non è che manca qualità o qualcosa, se uno è nella condizione di ritmo, del fisico, ce la fai. Quella è la cosa importante, non è che perdi qualità, impossibile perdere qualità. E’ fisicamente come stai. Se ce la fai fisicamente o no".
"Il mio rinnovo? Non ho scelto. Mi ha chiamato Pioli e mi ha detto: Devi rimanere, se tu non resti, qui sarà un’altra cosa"
"Pioli mi chiede: cosa vuoi fare? Io: “Secondo me no”. Ho detto no, non continuo. Secondo me basta. Non me la sentivo, perché dicevo… Il sacrificio che devo fare per la famiglia. La famiglia è più importante. Vive in Svezia e io sto qua da solo. Avevo detto: per sei mesi va bene, ma se faccio un altro anno come questi sei mesi no.
Allora ho detto a Pioli no. Lui ha detto: “Ok ti rispetto, va bene”. Il giorno dopo mi ha richiamato, abbiamo fatto un’altra riunione qui fuori dal campo, e mi ha detto: “No, non è così semplice”. Io ho detto: Perché? Lui: “Ieri era troppo facile, ti ho lasciato troppo facile”. Ha detto: no, devi rimanere. Se tu non rimani, qui sarà un’altra cosa. Gli ho detto: Ho deciso, vediamo. Poi dopo il tempo passa, vado in vacanza, poi avanti e indietro, avanti e indietro, poi lascia stare il contratto, perché i contratti a questa età non sono importanti, e non mi serve il contratto, mi serve solo il rispetto e i valori nelle situazioni.
Sono arrivato anche al momento in cui i rimpianti non li voglio, non voglio avere dopo il rimpianto di dire “Dovevo continuare”. Dopo il feeling cresce cresce e allora ho chiamato Mino e gli ho detto chiudi tutto e parlo con la famiglia e si va avanti. Però alla fine del primo campionato quando lui (Pioli, nd.r.) era confermato ho detto: Il prossimo anno non sto qua".