Grifo, l’italiano di Germania: “Avevo la maglia di Del Piero, ora conservo la mia 10″
L’ala del Friburgo ci ha raccontato la sua ascesa fino alla chiamata di Mancini. “Il mio sogno da bambino”. Ora in Germania hanno ricominciato ad allenarsi nonostante il coronavirus
Una vita in Germania con l’Italia nel cuore. Vincenzo Grifo ha già ha realizzato il suo sogno, giocare per l'Italia: “Quando a casa rivedo la dieci degli azzurri fatico ancora a credere sia successo davvero”, racconta a gianlucadimarzio.com l’ala del Friburgo.
Per molti la sua prima convocazione in azzurro nel novembre 2018 fu una sorpresa, ‘Vince’ (come lo chiamano tutti) lo riconosce con grande modestia: “Uno che non segue la Bundesliga è normale si chieda: ‘Ma da dove viene quel Grifo?’. Non posso essere conosciuto come Insigne o Verratti”.
L'ASCESA
In Germania invece hanno imparato ad apprezzarlo. La chiamata dell’Hoffenheim, i prestiti a Dinamo Dresda e Francoforte, poi l’esplosione con Streich al Friburgo in Zweite Liga, seconda serie (14 gol e 15 assist per centrare la promozione). Poi il Gladbach, altri sei mesi all’Hoffenheim con Nagelsmann e il definitivo ritorno a Friburgo nel gennaio 2019: “Una seconda famiglia”.
Martedì ha festeggiato 27 anni: un compleanno strano, passato in casa con la moglie, anche lei italiana. Niente pasta o pizza, ma “hamburger, patatine e un film su Netflix”. Gli effetti del Coronavirus. Prima che la pandemia fermasse anche il calcio tedesco, era arrivato un altro traguardo speciale: le 100 presenze in Bundesliga. Celebrate con due assist nel 3-1 all’Union Berlino di inizio marzo: “Volevo fare una bella gara”.
Mamma pugliese e papà siciliano, è uno dei gioielli di Pforzheim, la ‘Città dell’Oro’ del sud ovest della Germania famosa per i monili e diventata in passato meta di emigrazione per i nostri connazionali: “C’era tanto lavoro, oggi non c’è quasi niente. Per bere qualcosa o fare shopping bisogna andare nella vicina Stoccarda”.
A tre anni i primi calci nella squadra locale, poi nel 2011 la chiamata del Karlsruher dopo un torneo giovanile. Con lui anche Hakan Calhanoglu, numero 10 del Milan. Insieme diventano amici e due tra i più forti in Europa sui calci piazzati: “Ci allenavamo un’ora e mezza, poi però dovevamo aspettare il treno. Allora chiamavamo un portiere e ci fermavamo un’altra mezz’ora per provare le punizioni”.
E proprio da fermo, lo scorso ottobre, al debutto ufficiale con l’Italia, Grifo ha servito un corner sulla testa di Belotti nella vittoria contro il Liechtenstein: “Ero emozionatissimo, ringrazierò sempre Mancini ed Evani per la possibilità”.
ALLENAMENTI E CORONAVIRUS
In Germania da pochi giorni sono ricominciati anche gli allenamenti: il piano della Federazione tedesca è riprendere il campionato già il 2 maggio con 239 persone allo stadio tra giocatori, staff, raccattapalle e giornalisti: “Vogliamo ricominciare il prima possibile, anche se nessuno può prendersi la responsabilità di farlo con gli spettatori. Scendere in campo senza pubblico fa male, ma così possiamo rendere più felici le persone a casa”.
Le restrizioni del governo sono meno ferree rispetto all’Italia: “Si può uscire in due, ma i ristoranti sono chiusi e la polizia ti ferma spesso. È una situazione nuova per tutti, io soffro perché sono abituato a uscire molto. Un mese chiuso in casa diventi pazzo”.
Anche il Friburgo ha ripreso le attività, le precauzioni non mancano: “Ci alleniamo a gruppi di tre: un allenatore e due giocatori. Facciamo esercizi con la palla in campo e la parte atletica a casa. Il venerdì è libero, poi sabato torniamo al campo. Ma a scaglioni, ognuno a un orario differente. Al centro sportivo andiamo già vestiti, poi subito in macchina per fare stretching e doccia a casa”.
Prima dello stop, a nove giornate dalla fine, il Friburgo era a un punto dall’Europa: “Eravamo molto felici della nostra classifica, la nostra è una squadra che non molla mai. Fin qui abbiamo fatto un’ottima stagione mostrando un bel calcio, anche quando abbiamo perso contro il Dortmund”.
SERIE A SFIORATA
Maglia rossonera in Germania, cuore nerazzurro in Italia: “Da bambino avevo la maglia di Roberto Baggio, simpatizzavo per l’Inter. La Serie A mi è sempre piaciuta, vedevo le partite in televisione con mio padre. È un campionato che seguo tuttora, in futuro non si sa mai…”.
Tare lo voleva alla Lazio: “Avevo 18 anni e parlammo al telefono, alla fine decisi di restare in Bundes”. Dov’è sbocciato anche l’amico Calhanoglu: “Gli voglio molto bene. Ci sentiamo spesso, in Germania viviamo a un’ora di macchina. Aveva un gran destro e già nelle giovanili se ne parlava".
FRIBURGO
Grifo ha dovuto girare un po’ prima di trovare la sua dimensione ideale al Friburgo. Dopo la promozione in Bundesliga, nel 2017 con 6 reti e 11 passaggi decisivi l’ha trascinato anche in Europa League: "Qui sto benissimo: la società mi stima e i tifosi mi caricano”. Decisivo è stato Christian Streich, allenatore simbolo del club e personaggio amato in tutta la Germania: “Con lui sono esploso, è stato fondamentale”.
Grifo, pur di difenderlo, quest’anno si è preso anche tre giornate di squalifica nella maxi rissa contro l’Eintracht Francoforte: “Streich mi aveva appena sostituito e volevo vincere. Certo una cosa così non si vede spesso, ma io ho fatto il mio dovere nel difendere l’allenatore che era stato spinto a terra". A proposito di allenatori, all’Hoffenheim Julian Nagelsmann, il 32enne artefice del miracolo Lipsia, nel 2018 lo ha fatto esordire in Champions League contro lo Shakthar: “Ha molto talento e un grande futuro davanti”.
SOGNO AZZURRO
A regalare all’italiano di Pforzheim la gioia più grande sono stati Roberto Mancini e l’assistente Alberico Evani, lo stesso che lo fece debuttare in Under 20: “È qualcosa che non si può spiegare, servirebbero due ore. Ripenso a quando, da bambino, andavo al mercato di Lecce con i miei nonni e compravo la maglia dell’Italia di Totti o Del Piero a cinque euro. La indossavo tutto agosto, ci giocavo a calcio, ci andavo al mare. Quando sono diventato professionista ai miei genitori ho sempre giurato che avrei fatto di tutto per andare in Nazionale”.
Grifo si sente italiano: “Avevo un’offerta dalla Germania, il mio cuore però da sempre batte per l’Italia. Indossare la maglia azzurra è stata una gioia immensa. Bonucci, Chiellini e Insigne prima li vedevo solo in televisione, e davanti a uno schermo ho vissuto piangendo con la mia famiglia anche il Mondiale 2006”. E per un ‘tedesco’ con l’Italia nel destino ora c’è un altro grande obiettivo: “L’Europeo sarebbe un altro sogno grandissimo, ma prima devo fare gol e assist in Bundesliga”.
di Gabriele Candelori