Bergessio: “Che errore lasciare l’Italia! Al Nacional sono rinato”
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Data: 08/11/2020 -

Bergessio: “Che errore lasciare l’Italia! Al Nacional sono rinato”

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‘A Montevideo è permesso ancora respirare e camminare, cose impossibili nelle città attuali, avvelenate e violente’. Eduardo Galeano la descriveva così, quasi come un’oasi, la capitale uruguaiana. Quella serenità ritrovata anche da Gonzalo Bergessio, che dal 2018 gioca nel Nacional, di cui è anche il capitano. 58 reti segnate: nel club nessuno meglio di lui in questo secolo. “Per me è molto importante. È una società gloriosa e storica del Sud America. Ringrazio i compagni e tutte le persone che ci lavorano perché senza di loro non sarebbe possibile. Dopo la Samp ho vissuto due anni difficili, ma qui tutti sono gentili e hanno accolto bene me e la mia famiglia. Sono arrivato nel momento giusto, in forma, fisicamente e mentalmente”. Così l’attaccante argentino in esclusiva a Gianlucadimarzio.com.

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Dopo Velez e San lorenzo, El Lavandina ha dovuto attraversare il Rio de La Plata per ritrovarsi. In Uruguay sta scrivendo la storia come al Catania, dove detiene il record di gol in Serie A. “È stato qualcosa di magnifico. Tanti argentini che formavano un gruppo spettacolare”. Asado, mate e musica gli elementi fondamentali di quello spogliatoio. “Ci sarebbero tanti anedddoti, ma quello più divertente è ascoltare Pablo Alvarez provare a parlare in italiano (ride, ndr). Poi c’era il Papu, uno da cui ti potevi aspettare qualsiasi cosa e che in passato sarebbe potuto andare anche in club più importanti, ma non ha voluto. Ciò che sta facendo non mi sorprende”.

113 presenze e 37 reti dal 2011 al 2014 in rossazzurro. ‘Sono particolarmente legato a quelle segnate al Milan a San Siro, alla Juventus a Torino, e alla Roma in casa. Oltre a quelle nel derby col Palermo, ovvio’. In una squadra con tanti connazionali, non solo in campo ma anche in panchina. E a convincerlo ad accettare quella sfida fu Diego Pablo Simeone, l’allenatore conosciuto nella sua prima esperienza al San Lorenzo. “Giocavo in Francia e mi chiamò lui per convincermi a venire. Adesso il Cholo è tra i cinque migliori al mondo e sta ripetendo la grande carriera che aveva fatto da giocatore. Un passionale che riesce sempre a mettere davanti il gruppo e a tenerlo unito. Fa tutto in riferimento al calcio, con lui ci si allena sempre al 100% senza trascurare nessun dettaglio”.

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I tanti consigli di Montella, il lavoro tattico di Maran e infine la delusione per la retrocessione. Forse sarebbe potuta andare diversamente se Bergessio non si fosse fratturato il perone per un brutto intervento di Chiellini. “Me lo ricordo (sorride, ndr). Mi dispiace perché stavamo lottando per la salvezza. Ho perso 3 mesi e sono tornato a mezzo servizio. Sono episodi che nel calcio possono succedere, non ho niente contro di lui”. Al ritorno però gomitata ed espulsione. “Ero arrabbiato, magari con qualche anno in più avrei agito diversamente, ma è finita lì”.

LA SAMP, IL MERCATO E LE MACCHINE DI ETO’O

Nel 2014 passa alla Sampdoria, anche se negli scorsi anni non erano mancate le offerte di altre società. “Ricordo che il mio procuratore aveva parlato con il ds della Roma, ma non si è fatto niente”. Ad aspettarlo in aeroporto a Genova c’era Ferrero e una bolgia di tifosi blucerchiati. Entusiasmo alle stelle e tante aspettative, mai rispettate. “Non ho mai giocato due o tre partite di seguito e da quel momento è andato tutto storto. Ero stato vicino alla Lazio, ma in squadre più importanti non sono riuscito ad andare. Poi ho fatto l’errore di andare in Messico, però non mi guardo indietro”.

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Nonostante le difficoltà, in blucerchiato ha condiviso lo spogliatoio con Eto’o. “Aveva già una certa età ma la qualità era intatta, superiore al resto dei compagni. Parlavo tanto con lui, in italiano, in spagnolo e ogni tanto anche in francese per tenermi allenato. Ricordo che aveva una passione per le macchine e che io gli chiedevo spesso di portarle a Genova, ma mi rispondeva sempre di no. Scherzavamo tanto”.

MARADONA E FUTURO DA ALLENATORE

Protagonista con Catania e Nacional, ma la camiseta albiceleste è il punto più alto della carriera. “Prima con Basile e poi con Maradona: è stato il massimo! Sono orgoglioso e li ringrazio per quelle opportunità. Durante il ritiro El Diego veniva a prendere il mate con noi nelle stanze: un’umiltà incredibile e penso che non abbia mai smesso di sentirsi calciatore. Durante l’allenamento ci fermavamo a guardare come batteva le punizioni, anche Messi ha imparato da lui. Spero che possa recuperare del tutto da questa operazione”.

Bergessio oggi ha 36 anni, il contratto in scadenza, ma a smettere non ci pensa. Se arrivasse un’opportunità interessante dall’Italia ci penserei, ma adesso sto bene al Nacional”. Per il futuro però ha le idee chiare. “Ho finito il corso da allenatore. Cercherò di rubare qualcosa da ognuno degli allenatori che ha avuto per poi prendere la mia strada. Mi sento molto vicino a Simeone e posso dire che la mia carriera ha il suo stesso stile, perché sono un combattente”. E anche per questo lo chiamano El Toro. Ma su un possibile ruolo da allenatore-giocatore come El Loco Abreu al Boston River, tanto in voga in Uruguay: “No, non ci sono possibilità, o allenatore o calciatore”. Bergessio guarda avanti e si gode il momento, in attesa di tornare ad esultare in uno stadio pieno, con quella gente così calorosa che lo ha accolto e che gli ha permesso di rinascere.

Di Mattia Zupo

 

 



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