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Dal Festival di Sanremo a quello del gol, Galoppo: “Sogno l’Europa”

Otto anni non si dimenticano, soprattutto se si è stati bene. L’infanzia in Italia e l’adolescenza in Argentina, con la speranza di tornare. “Sono nato a Buenos Aires, ma all’età di 2 anni con la mia famiglia mi sono trasferito a Sanremo per seguire mio padre che giocava nella Sanremese e lì ci siamo restati fino a quando si è ritirato nel 2009”. A parlare a Gianlucadimarzio.com è una delle rivelazioni del calcio argentino: il centrocampista del Banfield, Giuliano Galoppo. “In Italia ci sono tornato solo una volta: una settimana nel 2016 prima di andare al Banfield. È stata troppo breve, mi manca tanto la spiaggia e tuttora continuo a sentirmi via social con i miei vecchi amici, anche se di loro adesso non gioca più nessuno”.


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Il tempo passa ma Galoppo non ha dimenticato l’italiano, così come la sua famiglia è rimasta molto legata all’Italia. E uno dei periodi dell’anno in cui amano ricordare i loro trascorsi è proprio quando c’è il Festival:Mi ricordo che c’era sempre un sacco di gente. Il Festival piace soprattutto a mia madre e anche qui lo guardavamo insieme”.  ‘Arriverà’ di Emma e Modà è la canzone preferita della mamma, mentre Giuliano ricorda con piacere ‘Fai rumore’ di Diodato. Ora che vivo da solo, mi è capitato anche di vederlo per conto mio, ma è un modo per ricordare il nostro passato. Ogni tanto ascolto anche Vasco Rossi e Ligabue, ma mai nello spogliatoio. Qui solo cumbia e reggaeton”.


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Tre gol in tre presenze in questa edizione di Copa de la Liga per il classe ‘99. Cinque in dodici nella Copa Maradona, dove il Banfield era arrivato fino alla finale contro il Boca. “Cerco sempre di entrare in area convinto che possa arrivarmi la palla giusta. Sin da piccolo ho sempre segnato tanto. Quando ero in Quinta (U18) ne avevo segnati 12, in Primavera 10 e adesso sto facendo lo stesso in Prima Squadra”. Oggi è il centrocampista Sub23 che ha segnato di più nei top 5 campionati sudamericani.

DAI CONSIGLI DEL PADRE A QUELLI DI CRESPO

Galo, come lo chiamano gli amici, è ‘figlio d’arte’ e spera di superare quanto fatto da suo padre Marcelino. “È stato lui a trasmettermi la passione per il calcio. Mi portava ad assistere a tutti i suoi allenamenti, ad Arma e a Sanremo, e mi piaceva tantissimo. Ho sempre avuto le idee chiare su cosa fare da grande: il calciatore”. Un difensore come padre, in passato convocato dall’Argentina Sub23 e con esperienze anche in Scozia, al Dundee United. “È stato il mio primo allenatore. Ancora oggi quando torno a casa parliamo tanto di calcio. Lui adesso allena e mi piace che mi dia tanti consigli per migliorare”.


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Gli inizi nella scuola calcio dell’Argentina Arma, società ligure del comune di Taggia, poi il ritorno nella capitale argentina. Sei mesi dopo il trasferimento nell’Interior, a Freyre de Cordoba. “La difficoltà più grande è stata imparare la lingua, a scrivere, anche se in Italia con la mia famiglia parlavo spagnolo”. Due anni all’Atletico Rafaela e una breve parentesi al Boca Juniors, dove ha avuto poco spazio. “L’ho sofferto, ma poi sono andato al Banfield: un club che punta tanto sui giovani e questo è stato molto importante per me”.

Da La Boca al sud di Buenos Aires, nel Taladro biancoverde. Da una delusione a un’opportunità da cogliere. Ma i sacrifici e i momenti difficili non sono mancati. “Nel 2019 mi sono operato al ginocchio, ma dopo 4 mesi ero già tornato in campo. È stato il momento più brutto, ma è passato veloce”.

 


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Un infortunio arrivato sotto la gestione Hernan Crespo, l’allenatore che gli ha dato fiducia, dopo l’esordio con Falcioni: “Mi riccordo che al centravanti diceva sempre di andare ad attaccare il primo palo. Era bello ascoltare qualsiasi cosa dicesse, perché è stato un grande campione, in Europa e con la nazionale. Eravamo tanti giovani e giocavamo bene, come adesso, ma non arrivavano i risultati. Ci ha dovuti lasciare e al Defensa y Justicia ha dimostrato il suo valore vincendo la Copa Sudamericana”.

CAMBI DI RUOLO E MODELLI

Da bambino in Italia è cresciuto con il mito di Kaká, oggi i suoi modelli sono altri: “Gundogan, De Bruyne, Vidal, de Jong e Barella. Guardo sempre tanto calcio, sia quello italiano che quello spagnolo o inglese. Ma la Serie A mi è sempre piaciuta. Non ci sono tanti centrocampisti che segnano e difendono allo stesso tempo, io cerco di farlo al meglio”. Ora Giuliano esulta con l’8, ma ha un passato da numero 10. “Ho iniziato da trequartista, ma è un ruolo che non esiste più, allora sono arretrato un po’. Ho giocato a due, anche se da centrocampista difensivo non mi piace tanto. Mi piace attaccare e segnare, ci riesco anche di testa nonostante non sia tanto alto”.

Un volante mixto nel gergo argentino, un box to box per gli europei. “Cerco di dare una mano in difesa e di essere sempre presente quando arriviamo in area avversaria: c’è da fare un bello sforzo per andare e tornare, ma adesso si cercano questi centrocampisti qui”. Galoppo ha il doppio passaporto, importante per il mercato europeo, e sogna la chiamata di Scaloni: “Speriamo, sarebbe incredibile giocare con dei fenomeni come Paredes e De Paul”.


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Intanto contro il Racing quando ha segnato una doppietta, in tribuna c’era il ct dell’Argentina Sub 23: “Lavoro per questo e aspetto una chiamata. Mi sembra che stia facendo le cose per bene”. Legato al Banfield da un contratto fino a dicembre 2023, per adesso non pensa al suo futuro ma qualche sogno ce l’ha. “Esordire in nazionale e giocare un mondiale, oltre a una bella carriera in Europa. Non si sa cosa mi riserverà il futuro, quindi resto concentrato sul presente per fare bene al Banfield”.