Tremilaquattrocentonovanta. Sono gli abitanti del piccolo comune di Froges, nel sud della Francia ai piedi delle Alpi. Il viaggio di Olivier Giroud è partito da lì. “Con noi ha iniziato, ma si vedeva che era di un altro pianeta”. Parola di chi, come Francis Martinez, lo ha visto crescere. Prima da istruttore del club poi è stato anche presidente. “A volte le squadre avversarie si lamentavano perché era troppo forte, segnava a raffica e non c’era partita”. Ricordi, nitidi e chiari anche a distanza di più di vent’anni.
Fin da piccolo Olivier è stato decisivo, come lo è poi sempre stato in carriera. “È sempre stato un ragazzo piacevole con cui stare". Uno che alle parole ha sempre preferito i fatti. Dovunque è andato ha lasciato il segno: Una Ligue 1 con il Montpellier di Girard, poi l’Arsenal, il Chelsea e ora il Milan. Tanti trofei, tanti gol e assist. Poi la Nazionale, dalla sconfitta in finale agli Europei alla vittoria del Mondiale in Russia nel 2018. Giroud è sempre lì, al centro dell’attacco.
Anche sui bleus Martinez ha un flash da raccontare. “Un giorno, dopo le prime convocazioni con la nazionale, è venuto qui da noi e ha iniziato a regalare magliette della Francia a tutti. Non immagina i bambini come erano contenti. È uno di quei momenti che porto con me”. Gesti che fanno comprendere l’uomo, ancor prima che il calciatore. Mai dimenticarsi da dove si arriva. Olivier lo sa.
Un telefono che squilla in mezzo al mare
Per raccontare Giroud di aneddoti Martinez ne ha tanti. “Gliene racconto uno, secondo me il più bello. Stavo organizzando una partita in onore di un nostro ex giocatore, amico di Olivier, che ci aveva lasciati da poco”. Giocava con suo padre, Giroud ci tiene e non può mancare. Il problema è che si trova dall’altra parte del mondo, in viaggio di nozze con la sua Jennifer. Il suo aereo atterra alle 17, la partita è alle 18, i tempi sono stretti ma lui vuole esserci. A tutti i costi. “Se qualcuno mi viene a prendere a Lione io corro e ci sono”. Affare fatto. Ne viene fuori una scena da film, con lieto fine. Tra sorrisi e ricordi, emerge la grande capacità di comprendere i momenti e di capire quando un gesto, all’apparenza anche semplice, può essere importante. In campo come nella vita.
In carriera ha vinto tanto, quasi tutto quello che poteva vincere. La Champions, l’Europa League, il mondiale e chi più ne ha più ne metta. What else? O meglio “Quoi d’autre”, direbbe lui. Lo scudetto con il Milan è stata la ciliegina sulla torta.
Ma d’altronde a lasciare il segno Giroud è abituato. Da quando, a nove anni con il Froges di Martinez, li smarcava tutti e segnava gol a grappoli. Taciturno e con gli occhi di ghiaccio. Da sempre. Semplicemente Olivier Giroud. Riassunto in poche parole, come piace fare a lui.
A cura di Lorenzo Cascini e Cosimo Bartoloni