Il dolce atterraggio di Giaccherini: da Conte alla B, di nuovo in gol
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Data: 14/09/2019 -

Il dolce atterraggio di Giaccherini: da Conte alla B, di nuovo in gol

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Lo 0-2 di Venezia-Chievo si apre nel segno di Giak: l'ultima volta in Serie B era stato nel 2010. Nel mezzo, una carriera che, almeno per una notte, ha segnato il nostro calcio
Lo 0-2 di Venezia-Chievo si apre nel segno di Giak: l'ultima volta in Serie B era stato nel 2010. Nel mezzo, una carriera che, almeno per una notte, ha segnato il nostro calcio

Chissà se gli sarà venuto in mente il suo Cesena, quando ha visto gonfiarsi la rete del Penzo sull’assist di Meggiorini. Emanuele Giaccherini è tornato a segnare in Serie B: sempre in riva all’Adriatico, un centinaio di chilometri più a nord e nove anni dopo l’ultima volta. Cerchi che si chiudono. La doppietta contro il Padova, con i bianconeri in odor di Serie A, era stata il decollo di un’avventura poi proseguita sui doppi binari del successo e del tempismo.

Perché Giak, oggi 34 anni, ha sempre diviso gli appassionati. Il gol al Venezia sa di dolce planata di fine carriera, in una dimensione tutto sommato non troppo stretta (il Chievo, la partita davanti a 4mila spettatori) rispetto a come tutto era cominciato. Dalla provincia di Arezzo a Cesena, 167 centimetri di ostinazione che hanno rischiato grosso, quando a 16 anni, in seguito a un duro scontro di gioco, alla mezzala era stata asportata la milza. Il più grave di una lunga serie di infortuni (caviglia, strappi muscolari, clavicola) che avevano fatto vacillare il ragazzo: “Se al Cesena non fosse andata, ero pronto a fare l’operaio meccanico”. Sul campo non ci andrà così lontano.

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C’è infatti stato un periodo in cui Emanuele era Giaccherinho. Folletto imprendibile al primo anno di A: 36 presenze e 7 gol, uno di questi fece la storia e mise in ginocchio il Milan di Ibra. Poi pupillo di Antonio Conte. Simbolo nascosto dei primi due scudetti che aprirono il ciclo Juve: all’epoca forse non era ancora la squadra più forte, ma era quella più squadra. È stato lo stesso allenatore a ‘brasilianizzare’ il cognome dell’ex Cesena: “Sarebbe molto più considerato, se si chiamasse così”.

Anche in Nazionale, Giaccherini incarnerà quel buon giocatore che senza avere colpi da fenomeno saprà farsi spazio grazie all’intelligenza tattica e alla voglia di non mollare mai. Jolly di un’Italia operaia appunto, capace di affondare come una lama nel burro nella difesa del Belgio dei talenti. L’Europeo dei ragazzi di Conte: per una notte, tra i macigni brasiliani e svedesi, un paese intero riscopriva l’orgoglio azzurro urlando il nome di Giaccherini.

Apici mai più toccati, né da noi né da lui. Il ritorno in una big fu amaro: con l’arrivo di Sarri, il centrocampista diventò un esubero al suo secondo anno di Napoli. Riuscirà a raddrizzare il Chievo in corsa nel 2018, non nella scorsa stagione culminata con la retrocessione. Oggi riparte dalla B che l’aveva lanciato, lasciando il segno dove non ci erano riusciti nemmeno i gialloblù di Corradi e Marazzina. Nel novembre 2001, la squadra di Del Neri era la capolista più impronosticabile della nostra Serie A: lo 0-0 a Venezia, ultimo precedente al Penzo, bruciò come una sconfitta. La soluzione del rebus era appena arrivata a Cesena, giovane e lontana.

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