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Djalma Santos, ‘O lateral eterno’ precursore del terzino moderno

Il brasiliano avrebbe festeggiato oggi 91 anni

Attacca e difendi, attacca e difendi, attacca e difendi”. Il mantra del terzino moderno, ripetuto all’infinito, dovrebbe suonare più o meno così. Gli esterni difensivi di spinta, in fondo, sono ormai da tempo l’arma in più di qualunque squadra. Da Cafu a Maicon, da Dani Alves ad Alexander-Arnold. Ma ce n’è uno che, sessant’anni fa, aveva già fatto scuola a tutti: Djalma Santos.

O lateral eterno, chilometri e chilometri sulla fascia senza fermarsi mai. Facendo su e giù ha giocato 4 Mondiali con il Brasile, vincendone 2 di fila. Svezia 1958 e Cile 1962. Insieme a Pelé, Garrincha, Didì, Zagallo, Vavá e Nilton Santos c’era anche lui. Potenza unita a rapidità, concretezza e magia a fondersi insieme. Giochi di prestigio e interventi puliti in fase difensiva, gol e assist in quella d’attacco. Repertorio completo, che lo ha reso forse il più grande terzino destro della storia del calcio. Di sicuro, il precursore nell’interpretazione del ruolo.


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Il Brasile nel destino

Più di 1000 presenze tra Seleçao e club. Nella Portuguesa si fa conoscere, nel Palmeiras si afferma e nell’Atlético Paranaense si congeda. Il Brasile e la leggenda nel sangue. Quella Coppa del Mondo del ’58 non la deve neanche giocare, ma l’infortunio di De Sordi lo obbliga a fare il titolare nella finale contro la Svezia: 5-2, primo titolo mondiale, avversari distrutti e Djalma a prendersi la scena come miglior terzino destro della competizione. Con una sola partita giocata.

E quattro anni dopo, in Cile, va ancora meglio. Sempre titolare, mai un minuto saltato. E di nuovo campione del mondo. Il miglior Brasile di tutti tempi passa anche per le cavalcate di Djalma. Se lo chiamano Muralha, poi, un motivo ci sarà: oltre a spingere, impedisce di segnare. Più di un terzino moderno, che nella maggior parte dei casi usa l’80% delle proprie energie vicino all’area avversaria.


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Al fianco dei giovani: l’avventura in Italia

Tanta fase difensiva, quindi. Ma nonostante questo, zero espulsioni in carriera. Un’eleganza e una pulizia che si riflettono anche nella persona. Quella persona che, una volta dato tutto al calcio giocato, ha continuato a donare esperienza ai più giovani. E lo ha fatto anche in Italia.

A metà degli anni ottanta, infatti, Djalma raggiunge l’amico e collega Chinesinho – ex Modena, Catania, Vicenza e Juventus – a Bassano del Grappa. Qui apre una scuola calcio, arrivando anche ad allenare per qualche anno nel vivaio del Bassano. Niente pressioni o battaglie, ai ragazzi trasmette semplicemente la gioia di giocare a calcio. Perché in fondo lui, divertendosi, è salito sul tetto del mondo.


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Con i giovani ci torna anche in Brasile, dove la povertà e la malavita rischiano spesso di avere la meglio. Ci resta fino al 2013, anno della sua scomparsa causata da una grave polmonite. Per quelle vie lui ci è cresciuto: “Se riesco a togliere un ragazzo dalla strada, per me è come vincere un altro Mondiale”. Parola di Djalma Santos, cuore d’oro e talento cristallino. Terzino moderno in tempi ormai antichi.

A cura di Stefano Renzi