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Chissà se la prima doppietta in Champions se l’aspettava oggi. Così. Di sicuro ci ha lavorato, anche perché quello che doveva fare era grattare via una serie di ruggini che gli pesavano sulle spalle. O di tagliare etichette. Ditelo come volete, insomma: Alvaro Morata (vi ricordate la sua prima giornata?) voleva dare un’immagine di sé diversa rispetto a quella che lo aveva riaccompagnato in Italia.


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Terza scelta? Attaccante da pochi gol? Pirlo gli aveva parlato per convincerlo: si era esposto. Per lui, in bianconero, un attaccante perfetto poteva essere lo spagnolo, suo compagno solo qualche anno prima. Era nella lista dei potenziali attaccanti, Paratici ha pescato lui una volta capito che Dzeko non sarebbe potuto arrivare. E l’allenatore lo schiera subito titolare, dopo pochi giorni, a Roma: non fa tanto bene. Piuttosto comprensibile. 


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Poi, la pausa forzata contro il Napoli, quindi il Crotone. Gol. In attacco non può schierare che lui, Pirlo: senza Ronaldo, con Dybala ancora non al top, una maglia da titolare è sicuramente sua. Anche a Kiev. E lui non tradisce: dopo 1’ dall’inizio del secondo tempo segna di tap in su tiro di Kulusevski; poi al 39’ di testa, da bomber vero, su assist di Cuadrado. Esulta. Esulta tanto. Perché non è solo la prima doppietta in Champions, questa; ma è anche la prima in bianconero.


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Per la cronaca: 17 reti in 16 gare in UCL; 30 reti in 25 partite con la Juve. Tre gol in questa stagione, in tre partite in assoluto. Forse la scommessa di Pirlo aveva un perché. Forse anche la sua voglia di tornare a Torino a tutti i costi, dove si sente a casa. Sarebbe da dire: Inna-Morata, ma è trito e ritrito. Lasciamo l’immagine della gioia di quella doppia esultanza, che pesa tantissimo anche per il suo allenatore, che è anche un amico. Si sono dati una bella mano.