L’animo contraddittorio di Valerio Di Cesare non è così difficile da spiegarsi. Più che “crisi di mezza età”, la sua è una crasi, vissuta a metà tra il peso dei 41 anni appena raggiunti e la leggerezza di chi, davanti al miglior regalo della sua vita, ritrova quell’incoscienza da fanciullo. “Ti prego, non andartene”: per i 203 tifosi del Bari presenti allo stadio Liberati il pensiero della salvezza conquistata è già passato in secondo piano.
Il loro capitano ha da poco segnato il primo gol dello 0-3 che decide i playout contro la Ternana, viene portato in trionfo dai compagni e può finalmente festeggiare il suo compleanno. Sembra aver stretto un patto col destino, il momento perfetto per annunciare il ritiro. Ma lo implorano di restare ed è lui a sorprenderli con un regalo. “Non è l’ultima partita, non lo è”, ripete a gran voce verso il settore ospiti, dove a causa del divieto di trasferta per entrambe le gare dei playout la cerchia dei testimoni si è ristretta. Solo sette giorni fa li aveva salutati al San Nicola sotto la Curva Nord, con la promessa di “una battaglia”, quella finale. Preso dalla frenesia ritratta, poi a mente più lucida nel post-gara lascia altri dubbi: “Non voglio farmi condizionare dall’entusiasmo”. Forse lo ha già fatto.
Bari, Di Cesare: "Futuro? Parlerò con la società"
In queste settimane Di Cesare ha toccato ogni sfumatura delle sue infinite personalità. Prima le lacrime versate in conferenza stampa lo scorso 24 aprile alla vigilia della sfida col Cosenza, a metà tra tristezza e rabbia, poi la paura per la discesa verso i playout. In mezzo, si è ricamato l’abito da attaccante per segnare i due gol più belli e pesanti della stagione del Bari, contro Parma e Brescia. Difficile scegliere il più bello. A fugare ogni dubbio è la quinta rete stagionale, quella in sforbiciata di Terni, dei 41, della salvezza e della liberazione, al Liberati appunto. Ha evitato il peggior epilogo per i biancorossi nei panni da capitano, i suoi preferiti.
Ma la parte più genuina dell'uomo Valerio, talmente contraddittoria rispetto al Di Cesare giocatore da essere del tutto coerente con il personaggio, è venuta fuori a giochi fatti. Fino al ritorno con la Ternana gli era mancato solo il sorriso: aspettava il compleanno per mettersi a nudo e alleggerirsi un po’. “È la prima volta che mi presento felice in questa stagione”, rivela in mixed zone, prima di venire incalzato dalle domande sul futuro. “Vediamo, voglio pensarci bene. Parlerò con la società, 41 anni sono tanti. Ho questa roba dentro che ancora non mi passa. Non mi sono goduto niente in questa stagione”. A tratti sollazza: “Ho sempre detto che avrei voluto finire senza polemiche. Sempre se finisco”, e lancia sorrisi e occhiate per lasciare tutti appesi a un filo.
Dirigente o calciatore?
Se gliel’avessero detto dodici mesi fa, forse Valerio Di Cesare avrebbe immaginato il 41esimo compleanno a casa, con la famiglia, o magari in tribuna nella sua nuova vita da direttore sportivo. E invece quel patentino preso due anni fa, insieme all’amico fraterno Mirco Antenucci, è rimasto per un’altra stagione chiuso nel cassetto, complice il dramma personale vissuto dopo la finale playoff persa contro il Cagliari. Chissà che non decida ancora una volta di riaprire l’armadio e mettersi gli scarpini: “E chi li toglie a quello”, scherzavano i compagni mentre lo vedevano divertirsi e festeggiare sul campo del Liberati. L’allenatore del Bari, Federico Giampaolo, ha persino condiviso in pubblico i suoi suggerimenti. “Gli ho detto che potrebbe pensare di cambiare ruolo”, d’altronde in un mese ha battuto per tre volte il suo stesso record di marcatore più anziano della Serie B.
Alcuni le chiamerebbero semplici coincidenze; per altri ogni tappa degli ultimi mesi di Di Cesare richiama in pieno il copione di un film. E come i migliori sceneggiatori, ha lasciato i tifosi con un cliffhanger: in inglese è "il gancio del precipizio", e quest'anno Valerio ha dimostrato di essere l'unico a poterli salvare dalla caduta. La salvezza del Bari arriva dopo mesi di sfiducia e risultati deludenti per la piazza, ma tra i temi più caldi, insieme al destino del club, c’è il futuro del capitano biancorosso. Il primo a cercare risposte è lui, lo aveva anticipato un mese fa: “Tutto può succedere, sono un po’ pazzo”. Forse sono quei sintomi di follia a decifrare il suo animo contraddittorio, o magari neanche lui sa spiegarselo.