Il Sudamerica si ferma. Argentina e Brasile tornano ad affrontarsi in una finale di Copa América dopo 14 anni da Maracaibo 2007, nel palcoscenico più illustre: il Maracanã di Rio de Janeiro, che per l’occasione potrà ospitare 5500 tifosi. Per quella che sarà la prima e unica partita con pubblico di questa edizione del torneo.
Neymar sfida Messi
Sarà Messi contro Neymar, i due numeri dieci alla ricerca del primo titolo con la nazionale maggiore, se si esclude la Confederations Cup 2013 vinta dalla Verdeamarelha. Due amici ed ex compagni ai tempi di Barcellona, che continuano ad avere una chat in comune con Suarez. Per Lìo è l’occasione di interrompere la serie di finali perse iniziata in Venezuela nel 2007 proprio contro gli eterni rivali, e di riportare alla vittoria l’Albiceleste dopo 28 anni di attesa. Per O’Ney sarà l’occasione per difendere il titolo vinto dai suoi compagni nel 2019 e di entrare nella élite del calcio, che è anche il motivo per cui ha lasciato il Barcellona nel 2017.
“Voglio l’Argentina in finale, perché lì ho tanti amici. Poi alla fine comunque vincerà il Brasile”, aveva provocato Neymar dopo la semifinale vinta contro i peruviani ed è stato accontentato, con la qualificazione ai rigori dell’Albiceleste grazie alle parate del Dibu Martinez che hanno scatenato anche la reazione di Messi: “Balla ora! Balla ora!”, aveva gridato da centrocampo all’ex compagno blaugrana Yerry Mina dopo il rigore fallito.
Grida che hanno caricato anche il resto dei compagni e denotano un cambiamento rispetto alle precedenti versioni della Pulga in nazionale, che adesso canta anche l’inno. 4 gol in questa edizione e mai così trascinatore: leader in tutto, ruolo ereditato dall’amico Mascherano, di cui ha superato il numero di presenze in nazionale diventando il recordman nella storia dela Seleccion. Una versione di Messi più ‘Maradoniana’, per provare a vincere un trofeo che Diego non ha mai vinto nell’anno successivo alla su scomparsa e in una delle ultime occasioni che probabilmente avrà in carriera.
Tite-Scaloni
Una finale agli antipodi per quanto riguarda le due panchine, tra l’esperto Tite e il giovane Scaloni. L’ex difensore di Atalanta e Lazio ha ereditato la panchina albiceleste dopo il Mondiale 2018 e l’addio di Sampaoli. Nel suo mandato ha raggiunto la semifinale della Copa América 2019, uscendo proprio contro il Brasile e quella è ad oggi l’ultima sconfitta della Selección. Scaloni ha operato quel ricambio generazionale necessario per ragioni anagrafiche ed emotive, dopo le 3 finali perse e la brutta figura in Russia. Una gestione spesso criticata, ma con intuizioni positive come quella di dare fiducia a Lautaro Martinez, Paredes e De Paul (da mezzala o addirittura da mediano) già nel 2019, l’inserimento di Nico Gonzalez nelle qualificazioni a Qatar 2022 e infine quella del Cuti Romero al centro della difesa.
Più ricco il curriculum del 60enne Tite, che nel 2016 si è seduto sulla panchina della Selecao reduce dal 7-1 con la Germania e da due edizioni della Copa América deludenti. L'ex allenatore del Corinthians ha collezionato 28 risultati utili consecutivi in partite ufficiali dal post Russia 2018 e una Copa América vinta nel 2019. Ma come per l’Argentina, l’ultima sconfitta del Brasile è arrivata proprio contro i rivali di sempre, in un’amichevole a Ryad nel 2019: e questo risultato lascia ben sperare proprio a Scaloni che nelle ultime conferenze stampa ha più volte ricordato questo risultato.
Agli opposti anche il percorso delle due squadre, col Brasile che aveva iniziato con risultati convincenti, salvo arrancare nelle ultime gare. In crescendo invece l’Argentina, nonostante una differenza di atteggiamento tra primo e secondo tempo. Ma per l'atto finale di un percorso che terminerà con un Superclásico de las Américas, è logico aspettarsi qualunque cosa. Appuntamento quindi alle 2 italiane nella notte tra sabato e domenica, per la rivalità calcistica più grande al mondo.