Sembrava essersi un po’ perso in quest’avvio con la nuova maglia del Cagliari. Pochi gol e fatica sotto porta, cose mai viste per Leonardo Pavoletti. Gli è bastata la palla giusta per tornare ad essere decisivo: cross in area colpo incornata perfetta e Benevento abbattuto: Pavo is back, e pensare che a Cagliari poteva finirci già tre anni fa: “Era tutto scritto l’ok di Zeman, il Cagliari aveva bloccato il volo, aperitivo con gli amici di Livorno per salutarli prima del ritiro, e poi tac, complicazioni col Sassuolo – Racconta Pavoletti sulle colonne della Gazzetta dello Sport – Mi ci vedo qui: mare, gente calorosa, principi di calcio giusti. Nazionale? La prima volta fu stupore e fatica. Chiamata di Conte per lo stage per Europeo: me lo disse la tv. La seconda volta, agosto 2016, fu delusione, un po’ sì. ‘Li faro 5’, dai’, mi dicevo: con Israele mi fregò il rosso di Chiellini, poi anche con la Germania molto riscaldamento nella ripresa e zero minuti”. Pavoletti svela poi un aneddoto sul libro ‘Il vecchio e il mare’: “Mi sentivo solo, iniziai a leggere tanto e quel libro mi aiutò. Mi diede speranza, coraggio: di pensare non a ciò che non avevo, ma a quello che dovevo fare per averlo”. Poi un retroscena: “Io mi considero un calciatore anomalo, è vero. Forse dipende dal fatto che all’inizio nemmeno volevo farlo, il calciatore, cercavo una vita da lavorare il meno possibile, ed è vero anche questo. Il Napoli? Zero rancori: ci abbiamo provato, magari ci si poteva provare un po’ di più, ma per una volta non ho preso il treno giusto. Ma sì, poi lì ero un po’ un pesce fuor d’acqua: tempi di gioco, velocità e forse tecnica non per me, non era il gioco per valorizzare le mie caratteristiche”. L’intervista integrale in edicola con la Gazzetta dello Sport di oggi.
Data: 28/10/2017 -