Continua il Festival dello Sport di Trento con un altro ospite illustre. Nel corso dell'evento organizzato da La Gazzetta dello Sport, Cafu ha raccontato diversi aneddoti sul suo passato in Italia. I provini non superati col San Paolo, l'ammirazione per Maradona e i trasferimenti sfumati al Parma e in Giappone. Questo e tanto altro nel corso del suo intervento.
Cafu: "Mio fratello era più forte di me, ma qualcuno in famiglia doveva lavorare"
Cafu ha ripercorso la sua carriera, partendo dai primi passi mossi nel suo quartiere in Brasile: "L'inizio per un brasiliano non è facile. Io non avevo le condizioni per prendere un bus o un taxi. Però anche se vivevo in un determinato quartiere... io volevo essere un calciatore. Punto. Me l'ero messo in testa. Mio padre e mia madre sono stati importantissimi. Quel quartiere era povero ma mi ha dato tutto. Sono nato e cresciuto lì. Io avevo rispetto per tutti e viceversa".
In famiglia non era l'unico portato per il calcio: "Mio fratello era molto più forte di me: aveva un sinistro pazzesco. Ma in una famiglia con 6 fratelli qualcuno doveva andare a lavorare. Mio fratello era più bravo, però mi ha detto: "Sì, sono più forte di tutti voi, ma tu sei il più appassionato. Secondo me tu hai più voglia. Io lascio perdere e tu vai a giocare". Io faccio tutto quello che posso per i miei fratelli".
Così è arrivato al San Paolo, non senza passare dagli insuccessi: "Ho fatto 4 volte il provino al San Paolo ma mi hanno rifiutato 4 volte. Andavo a casa, mi allenavo e tornavo a fare il provino".
Cafu: "Dovevo andare al Parma, poi in Giappone dopo la Roma"
Il terzino brasiliano è sempre stato legato all'Italia, dove ha giocato con Roma e Milan: "Guardavo molto il Napoli che era pazzesco con Maradona. Io dovevo andare al Parma con Capello. È stata una Roma bellissima. Vincere lo scudetto a Roma è diverso. È una città appassionata e innamorata ed è stato un piacere".
Quello al Parma non fu l'unico trasferimento sfumato: "Dopo la Roma dovevo andare in una squadra giapponese che mi aveva già depositato i soldi sul conto. Io ho chiamato e ho detto: "Ragazzi, ho un piccolo problema. Mi ha chiamato il Milan". Io sono andato al Milan e loro si sono arrabbiati un po' con me. Il Milan non mi pagava come la squadra giapponese, ma capista, era il Milan".
Un'avventura al Milan durata fino al 2008: "Nel 2006 ho detto a Galliani che nel 2008 me ne sarei andato perché volevo tornare in Brasile da mio padre. Estate 2008: due mesi prima mi chiamano Galliani e Leonardo. Sono andato in ufficio e mi hanno dato un altro anno di contratto. Ho detto che era un enorme piacere ma che me ne sarei andato. Ero molto felice ma volevo tornare a casa. Era arrivata la fine e sono andato via".
Le sue parole su Maldini, De Rossi, Totti e Vinícius
Cafu ha parlato anche dei tanti campioni con cui ha giocato, tra cui Maldini, Totti e De Rossi: "Paolo è il miglior difensore al mondo, su questo non si discute. Un lord, un signore, un amico, un padre di famiglia. Fantastico. Lui mi ha insegnato tantissimo. Era un vero capitano. Paolo Maldini è il volto del Milan. Ha fatto tanto per il questo club. È il simbolo del calcio italiano, il simbolo di una squadra che si chiama Milan. Uno dei calciatori più forti del mondo". Su Francesco Totti: "Aveva un potenziale incredibile. Era il numero uno in quella squadra. Le sue capacità e il suo potenziale erano impressionati. Poi è quasi diventato uno dei numeri uno al mondo. Quando si parla di Pallone d'oro non si riesce a capire bene il concetto forse. Lo si dà soprattutto a chi segna tanto". Su De Rossi: "Quando ho visto che è diventato un allenatore ero felice. Lo conoscevo bene ed ero contento della sua carriera brillante. Quando ho visto che De Rossi era diventato allenatore della Roma ho detto: "Caspita che bello, speriamo possa vincere". Lui aveva una personalità forte".
Su Vinícius: "Può vincere il prossimo Pallone d'oro e sarebbe meritato. Ha fatto una stagione fantastica. Lo merita lui. Merita il Pallone d'oro anche per quello che ha fatto fuori dal campo: noi non siamo diversi da nessuno. Il razzismo non è un problema che c'è solo in Spagna".