Brescia, romanzo di una promozione. Da Gigi Dag a Torregrossa
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Data: 02/05/2019 -

Brescia, romanzo di una promozione. Da Gigi Dag a Torregrossa

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Otto anni di attesa e la gioia dopo la vittoria contro l'Ascoli. Il Brescia torna in serie A. La stagione scorsa si salvò all'ultima giornata. Tutti i protagonisti di una cavalcata straordinaria.
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Otto anni di attesa e la gioia dopo la vittoria contro l'Ascoli. Il Brescia torna in serie A. La stagione scorsa si salvò all'ultima giornata. Tutti i protagonisti di una cavalcata straordinaria.
i>“Forse chissà succederà, canta con noi che torniamo in serie A”. Alla fine è successo davvero. Dopo otto anni, il Brescia torna fra i grandi. Con un inno che tutta la città urla, dal Rigamonti alla fontana di piazza Repubblica, riscoperto teatro di feste di strada. La colonna sonora è l’adattamento di un vecchio tormentone di Gigi d’Agostino. Ha accompagnato una stagione incredibile, iniziata zoppicando e chiusa in tripudio con due giornate d’anticipo.

La vittoria contro l’Ascoli ha riaperto le porte del paradiso. Strana la vita: un anno fa, proprio contro i bianconeri, era arrivata la salvezza all’ultima giornata. Un miracoloso recupero di Gastaldello al 90’ aveva scongiurato i playout contro l’Entella.

UN CONDOTTIERO BRESCIANO A INDICARE LA VIA

Sono passati soltanto 347 giorni. La squadra ha cambiato faccia più che facce. Il presidente Cellino in estate aveva affidato la panchina a David Suazo. “L’uomo giusto nel momento sbagliato”, disse di lui il presidente poche ore dopo averlo esonerato. Era il 18 settembre, il Brescia aveva fatto due punti in tre partite.

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L’uomo giusto al momento giusto era dietro l’angolo. Un bresciano di Bagnolo Mella: Eugenio Corini. Una telefonata, un incontro, un matrimonio. Le cifre raccontano com’è andata: 31 partite, 64 punti fatti, 63 gol segnati. Un’identità tattica precisa, con un 4-3-1-2 usato praticamente sempre, ma soprattutto una rivoluzione mentale: recupero palla più alto possibile per liberare la fantasia dei dioscuri offensivi, chiamati a essere terminali e primi difensori veri.

Sacrificio, pressing ossessivo, freddezza e coraggio, anche nel relegare a seconde scelte due giocatori fortemente voluti da Cellino in estate come Morosini e Tremolada. Talenti sacrificati sull’altare dell’equilibrio di squadra. Perché in una maratona conta più la regolarità dello spunto e il Brescia ha saputo essere chirurgico. Schiacciasassi in casa – 40 punti in 15 partite con Corini – e cinica fuori. Le urla di Corini a bordo campo, una banda di assatanati pochi metri più in là. Una squadra geneticamente inadatta ad arrendersi: 19 punti recuperati da situazioni di svantaggio e una serie infinita di gioie a pochi respiri dal triplice fischio: Lecce, Cremonese, Cosenza, Livorno, solo per citare le principali. Vittorie da raccontare in città, magari bevendosi un “pirlo”, la versione locale dello spritz (niente a che vedere col Maestro).  Così è (ri)nato l’amore fra Brescia e il Brescia.

IL RAGAZZO DEL 2000 E IL CAPOCANNONIERE GENEROSO

Al Rigamonti hanno visto passare Hagi, Pirlo (quello analcolico), Baggio e Guardiola ma hanno amato allo stesso modo Possanzini e i gemelli Filippini. Perché questo popolo riconosce la magia ma gode più per un contrasto vinto o per una rincorsa. E così a gente del Rigamonti ha guardato Sandro Tonali e non ha rivisto Pirlo, al netto della somiglianza estetica. Di quel ragazzo del 2000 ha colto l’anima, identificandosi in lui e nella sua voglia di non arrendersi mai. Nella partita contro lo Spezia di qualche settimana fa, tutto lo stadio si è alzato in piedi per un’azione in cui il 4 ha rubato palla con una spallata, ha resistito a uno scontro, portato palla contro la pressione e preso fallo. Una giocata da “gnaro” bresciano, meglio di un gol.

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Poi certo quelli qualcuno deve pur farli se vuoi vincere un campionato. E se in estate lasci andare uno che ha segnato 179 volte per il tuo club, devi trovare uno che sappia rimpiazzarlo. Il Brescia ha ammainato una bandiera e issato un nuovo vessillo: via Caracciolo, dentro Donnarumma. Sembrava una martellata al cuore, ma se nessuno ha provato una nostalgia infinita per l’Airone, è “colpa” di Alfredo: 25 gol, capocannoniere e primo calciatore a segnare tre triplette in una stagione di B. Classe 1990, promosso in A con l’Empoli un anno fa, era rimasto deluso per le scelte estive del club toscano. Veniva da una stagione strepitosa: 21 gol e 5 assist. Ha cambiato maglia ed è riuscito a fare ancora meglio, con 25 e 7. Andare a caccia di record personali lo lascia indifferente. Meglio uno sprint in più per pressare i portatori di palla o magari un sorriso in più dei compagni di reparto. In passato ha reso grandi Lapadula e Caputo, quest’anno è successo di nuovo con Ernesto Torregrossa.

 

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