A volte ti travolgono. Altre si palesano con più calma. Alcune ti segnano subito, di altre ne apprezzi gli insegnamenti con il tempo. In loro (ri)vivi chi sei e chi sei stato. Vedi i tuoi cambiamenti, gli sbagli e le conquiste. Siamo fatti di esperienze. Sta a noi scegliere quali vivere. “Alla fine sono ciò che ti rimangono e segnano nella vita. Buttiamo troppo tempo per cose inutili”. Il racconto di Federico Barba ha un tono calmo e gentile, riflesso di ciò che è stato e ciò che sarà. Una chiacchierata, quella con il difensore, che trascende il "solo" universo del calcio. Un pallone che è il fil rouge per osservare storie, lezioni di vita, consapevolezze nuove e persone. “Perché uno spogliatoio è fatto di uomini”. Nel suo viaggio ci sono un giro d’Italia, la Germania e la Spagna. Una maglia di Messi custodita, una laurea e la cucina. Un viaggio che ora si è fermato a Como. E, forse, è giusto così. Capiremo il perché. “Una città affascinante e bellissima. Una società con un progetto serio per il suo futuro”. La curiosità, l’equilibrio e il valore della persona le coordinate del viaggio di Federico Barba, il difensore che, come diceva Socrate, “sa di non sapere”.
Tutte le strade… partono da Roma
Tra i fugaci rumori che accompagnano la città nella sua quotidianità e la storia in cui riecheggia l’eternità. È qui, a Roma, che parte il viaggio di Federico Barba. Il legame con il calcio non è immediato. Federico doveva fare un altro sport: “A casa mia nessuno giocava. I miei fratelli facevano tennis, i miei genitori mi mandarono a nuoto. Nel centro sportivo c’era una squadra di calcetto e chiesi a mia madre di provare”. La prima esperienza è alla Totti Soccer School, l’academy dell’ex numero 10: “La prese un anno dopo il mio arrivo”. Il riferimento da bambino? “Da difensore mancino seguivo Materazzi”. A far la differenza, spesso, sono anche le persone che trovi. Per qualità morali e valori trasmessi: “Mi ritengo fortunato per gli allenatori che ho incontrato. Mauro Casaroli, Beppe Incocciati, Andrea Stramaccioni, Alberto De Rossi, tutti grandi maestri”. Un passaggio alla Cisco Roma e poi il settore giovanile giallorosso: “Per chi cresce a Roma non c’è squadra migliore dove andare”. Crescere a casa: “Rimanere vicino agli affetti con un percorso di crescita ‘normale’ non è scontato”.
Imparare
“Nella mia testa il passaggio alla Roma non coincideva con la certezza di diventare un calciatore. È arrivata dopo”. Il settore giovanile giallorosso visto come un’opportunità per crescere: “C’era una concorrenza importante. Io sono sempre arrivato in punta di piedi. Ho dovuto lavorare per conquistarmi una certa considerazione come giocatore e persona”. I primi contatti con la prima squadra: “Condividere momenti con calciatori esperti mi ha cambiato la prospettiva nel vedere le cose”. Osservare per imparare: “A me piaceva tanto Juan, mi ha dato tanti consigli. Insegnamenti che ancora mi porto dietro”. Anni speciali: “Politano, Caprari, Florenzi, un gruppo forte. Ci siamo tolti diverse soddisfazioni”
Sliding Doors
Dopo Roma il salto nei grandi con il passaggio al Grosseto in B: “È in quel momento che ho realizzato che il calcio sarebbe diventato il mio lavoro”. Pressioni e aspettative diverse: “Conta il risultato. In quel momento bisogna essere capaci di convivere con nuove responsabilità”. Poi arriva Empoli. Un’esperienza in cui si legano tra loro maestri e prime volte. Un passaggio che segna un prima e un dopo. L’incontro con Sarri: “Ho trovato un allenatore che è un maestro. Bisogna abituarsi a ciò che pensa. Ha le sue convinzioni e devi essere in grado di applicarti. Una volta capito, riesci a entrare nei suoi meccanismi e a crescere. Ti dona una nuova visione del gioco, sia come singolo che come collettivo”. Meglio incontrarlo da giovane o con una maggior esperienza alle spalle? “Da una parte forse è meglio a inizio carriera quando si è più ‘flessibili’; dall’altra incontrarlo in una fase successiva ti agevola”. Il racconto dell’uomo: “Una persona colta e dalla grande intelligenza con cui si può parlare di tutto”. E poi due prime volte. Una promozione e l’esordio in A: “Due passaggi fondamentali per la mia carriera”. Perché ci sono stagioni di transizione. E poi ce ne sono altre che segnano un prima e un dopo. Per significato, per cambiamenti, per nuove visioni. Sliding doors.
Curiosità
Una pragmatica curiosità quella che da sempre muove Federico. La voglia e la volontà di aprirsi al diverso. La consapevolezza che il nuovo sia opportunità di crescita: “Ho sempre avuto l’idea di potermi confrontare con altre culture e realtà. Nel calcio e nella vita, sono una persona curiosa”. Un volo aereo, direzione Germania. Un saluto a Empoli e il passaggio allo Stoccarda. Prima la possibilità di andare a Napoli, che però non si concretizza.
Quella con il club tedesco è una trattativa nata… per caso: “In un Empoli-Sassuolo c’era il loro capo scout per Acerbi. Alla fine presero me”. E torniamo al significato delle esperienze. Utili, anche quando non corrispondono in pieno alle aspettative iniziali: “Ho avuto qualche problema fisico, ma i mesi in Germania mi hanno lasciato tanto: strutture, personale competente, un campionato diverso”. La scelta di tornare in Italia per ritrovare fiducia. “Le difficoltà ci sono sempre. Ho cercato comunque di imparare e integrarmi. Ho conosciuto un mondo nuovo che mi ha aiutato a crescere per esempio nella gestione dei rapporti e a essere un Federico migliore”. Esperienze di calcio, esperienze di vita.
Andate e ritorni
Dall’Italia alla Spagna, prima allo Sporting Gijón e poi al Real Valladolid. Nel mezzo una parentesi al Chievo. “È un paese simile al nostro, è più semplice adattarsi. Ho un ricordo fantastico. Avevo un’idea della realtà spagnola sbagliata. Ho visto un’organizzazione che attraverso delle riforme ha permesso di mantenere il sistema calcio sicuro e sano”. Leo Messi come avversario: “Custodisco la sua maglia con cura. Alcune le regalo ad amici, quella no. Lui dal vivo è quello che sembra, un giocatore fuori concorso”. Argentino che si dice che proprio a Como possa avere fatto un provino all’inizio della sua carriera. Federico, sul Lago, ci arriverà qualche anno dopo. Da Messi a Ronaldo, affrontato nella vittoria del Benevento allo Stadium: “Una grande soddisfazione”. Anni, quelli in Campania, segnati dall’incontro con Pippo Inzaghi: “In lui vive una passione incredibile, la stessa che aveva da giocatore. Te la trasmette nel suo essere allenatore. È eccezionale”.
Incontrarsi
Un anno a Pisa e poi l’arrivo a Como: “Sensazioni ottime fin da subito”. Solidità e pianificazione societaria: “Una proprietà straniera che ha un progetto preciso per il suo futuro. Ho trovato un bell’ambiente. In campo lo si vede in campo. È stato un buon inizio, ora dobbiamo migliorarci e fare qualcosa in più”. Il fascino del Sinigaglia affacciato sul Lago. Le tribune che si perdono nell’orizzonte delle onde: “Stadio unico. Sembra quasi un quadro”.
Le vie strette che si combinano in modo coerente con quelle centrali. Il lungolago e lo stadio, passando per i paesini che la circondano. Como è città particolare. Nella sua eleganza, nel suo intimo legame con il lago, nel suo essere incontro di paesi diversi. Una città che rispecchia la curiosità che vive in Federico. Ed è forse giusto che si siano trovati in questo momento: “È bellissima. Camminandoci senti lingue e influenze diverse. Un fascino intramontabile”. (Ri)trovarsi.
Esperienze
“Sono diversi i consigli che mi porto dentro. Ho compreso l’importanza dell’ascoltare”. Insegnamenti che segnano il suo essere nello spogliatoio e come persona: “Quello che ho cercato di fare nel tempo è essere una persona migliore. E questo passa dalle piccole cose, dai piccoli gesti. Un rimprovero, una pacca sulla spalla, una parola”. Apprezzare la semplicità delle piccole cose.
“Con gli altri porto quello che sono. Ognuno di noi è diverso. Provo a migliorarmi ogni giorno. Sono cresciuto molto, ancora adesso lo faccio. Mi informo sempre. Sto studiando per cercare di completarmi come persona (il 17 ottobre il giorno della laurea). Perché alla fine sono gli uomini a fare uno spogliatoio. A fare la differenza sono le persone. Questo non significa conquistare per forza un obiettivo sportivo. Conta prima di tutto essere una persona giusta e corretta, il resto arriverà”. Conoscere per crescere. Crescere per essere uomo: “Studio e non solo, per esempio ho fatto un corso di cucina. Cerco di vivere esperienze differenti. Buttiamo via troppo tempo per aspetti inutili. Ho costruito anche un mio equilibrio e capisco quando è giusto fermarsi”. E poi l’essere genitore: “Mi ha cambiato. La mia bambina mi ha regalato una nuova sensibilità”.
L’importanza delle esperienze, una pragmatica curiosità, l’apertura mentale è un pallone. “Un percorso di calcio, un percorso di vita. Un cammino in cui una persona sbaglia, comprende, impara. Cito Socrate: ‘So di non sapere’. Non si smette mai di crescere”. Godersi la bellezza del viaggio.