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Data: 27/09/2019 -

"Piacere, siamo picchi anche noi". Ascoli-Woodbridge, il gemellaggio ai tempi dei social

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Un pacco regalo, una sciarpa e una lettera di buona fortuna: "Up the Peckers - Forza Picchio!". Così un club di nona divisione inglese ha trovato l'amicizia della capolista della Serie B: "Impensabile, ora abbiamo quasi il doppio di followers sui nostri canali e vengono tutti dall'Italia". La storia raccontata da chi ne ha avuto l'idea
Un pacco regalo, una sciarpa e una lettera di buona fortuna: "Up the Peckers - Forza Picchio!". Così un club di nona divisione inglese ha trovato l'amicizia della capolista della Serie B: "Impensabile, ora abbiamo quasi il doppio di followers sui nostri canali e vengono tutti dall'Italia". La storia raccontata da chi ne ha avuto l'idea

Ehi voi, ragazzi di tutte le serie minori. Controllate bene il simbolo delle vostre squadre e fate un po’ di ricerca online: non si sa mai che vi ritroviate improvvisamente gemellati con un club di Championship o Segunda Divison. Soprattutto puntando su un particolare, qualcosa che con il calcio solitamente non ha granché a che fare.

Un picchio, ad esempio.

Così il Woodbridge Town, squadra di nona divisione inglese, negli ultimi giorni ha fatto scattare un’improbabile amicizia con l’Ascoli, capolista in Serie B, scatenando il web e non solo. “E’ successo tutto un po’ per caso”, inizia a raccontare Ben Ramsey, social media manager (e molto altro) del piccolo club, in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com. “Quest’estate ho perso un po’ di tempo a curiosare tra le squadre bianconere come noi: il Newcastle, la Juventus. E all’improvviso mi è venuto in mente di cercare Woodpeckers su Google”. Picchi, per l’appunto: simbolo e soprannome dei giocatori del Woodbridge Town. L’Ascoli era l’unica altra squadra che ho trovato in Europa. E pure con la nostra stessa divisa: praticamente un invito a nozze”.

Da lì, scatta l’idea: “In quel periodo ci erano appena arrivate delle sciarpe per la nuova stagione: perché non mandarne una anche a loro? Ci era sembrato un gesto carino, ma non era scontato ottenere una risposta”, ammette il signor Ramsey. “Poi l’Ascoli ha postato la nostra lettera su Facebook e le cose da lì sono andate da sole”. Sfuggendo piacevolmente di mano.Ci siamo ritrovati con il 40% di followers in più sui nostri social, tutti provenienti dall’Italia! E su Facebook sono arrivati tantissimi messaggi di ringraziamento, con una parola ricorrente”.

Woodbidge_Ascoli.jpg

Friendly! “Hanno cominciato a invocare l’amichevole tra le due squadre. Per noi sarebbe fantastico, e la prima cosa che dobbiamo fare è andare ad Ascoli e vedere una loro partita. Noi finiamo la stagione ad aprile, quindi contiamo di esserci per quella del 2 maggio contro il Pordenone”. Save the date: con invidiabile organizzazione british il Woodbridge ha già preso appunti sul calendario di Serie B. “E se in futuro riuscissimo davvero a organizzare un’amichevole anche solo con le riserve o con le giovanili dell’Ascoli, sarebbe una grande soddisfazione”.

L’enfasi è tutta sul lato inglese, sorride Ben. Immagino la delusione dei tifosi italiani: cos’è questa squadra che ci segue? Non certo il Chelsea o il Manchester City. Siamo un piccolo club di Eastern Counties Football League, facciamo nemmeno 200 spettatori a partita e il secondo posto della scorsa stagione è stato il miglior risultato della nostra storia”. Non esattamente l’aria che tira dalle parti del Del Duca. “E anche per quel che riguarda il simbolo, è stato bello trovare un club con una tradizione importante, con il picchio che deriva dalla storia della città: ci siamo informati e appassionati”. Un riferimento all’uccello totemico delle tribù picene, con l’Ascoli che affonda le radici nell’Età del Bronzo. Perché invece noi ci chiamiamo Woodpeckers? Semplicemente per l’affinità con il nome del paese. E anche per i picchi che continuano a essere comuni da queste parti. Però è qualcosa di sentitissimo”.

Basti vedere l'esultanza di Luke Mallet (la foto in alto) dopo un gol: il mondo del  Woodbridge è fatto di piccole cose, ma in grande stile. “Quest’anno do una mano soprattutto sui social, ma durante la settimana lavoro in una società di marketing che non ha niente a che fare con il calcio”. Poi il sabato si cambia musica e Ben diventa praticamente un factotum. “Il gameday è impegnativo, bisogna dare una mano ovunque: a dirigere le auto nel parcheggio, a filmare la partita. Il nostro è un club di volontari, dal chairman in giù, e i calciatori giocano per un compenso modesto”. Ma il bello di questa dimensione famigliare, è che davvero si condivide tutto. “Dicevo che in casa facevamo meno di 200 spettatori: beh, delle volte fuori il numero non cambia. Qui c’è un’atmosfera affiatata, tutti si aiutano e abbiamo un buon gruppo di fedelissimi. A turno prendiamo la macchina, noi ragazzi dello staff o i tifosi, e si va insieme in trasferta”. Tutti, squadra compresa. “A volte succede, sì. 'Questa settimana non avete bisogno del bus del club, ragazzi'. Organizziamo un pullmino e i giocatori possono venire con noi”. Emozioni che il professionismo non può dare.

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Anche se in the Town, un assaggio di calcio che conta c’è. “Il nostro allenatore-giocatore, Carlos Edwards. Magari un nome che in Italia non dice molto, ma il centrocampista classe ’78 è un ex Sunderland e Ipswich Town. E soprattutto ha giocato i Mondiali del 2006 con Trinidad e Tobago. “Proprio contro l’Inghilterra. Poi, una volta tornato da Trinidad dopo il ritiro, si è trasferito qui con la famiglia”. Un paese di 11mila abitanti, vicino alla sua Ipswich, Suffolk county. “Woodbridge è la piazza ideale per Edwards, da cui iniziare la carriera di allenatore senza la pressione del professionismo. Noi riceviamo qualche messaggio dai fan delle squadre in cui ha giocato e ogni tanto troviamo anche loro alle nostre partite: i nostri 15 minuti di celebrità finiscono qui.

Fino alla scorsa settimana. “Tanti membri del club sono qui da tanto tempo e hanno fatto il bene del Woodbridge con idee tradizionali, diciamo. Io sono stato semplicemente quello che si è posto la domanda: cosa succede se scriviamo all’Ascoli? Non mi sarei mai aspettato che un gesto simile potesse portare a tutto questo”. I poteri di internet e dei social. Questa storia mostra quanto sia bello il calcio: potranno anche esserci le rivalità, ma la cosa più bella è stringere amicizie anche inaspettate. E la corrispondenza ci ha pure portato fortuna”.

Magic moment per i picchi del calcio, dall’Inghilterra all’Italia. “Venivamo da una striscia di tre sconfitte consecutive, ma appena è arrivata la risposta dell’Ascoli siamo tornati a vincere. E loro adesso sono primi in Serie B! Ci stiamo organizzando: vogliamo comprare le maglie dei bianconeri e anche altro materiale per lo store del Woodbridge”. Per poi festeggiare insieme alla partita, annullando le distanze. “L’altro giorno seguivamo l’Ascoli che giocava dal nostro supporter club”: durante il secondo tempo, suona il cellulare di Ben. Era un tifoso italiano. Voleva sapere com’eravamo andati: 'Vinto 5-1, voi come siete messi?'. Tra due federazioni e sette categorie, il volo del picchio continua.

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