Un quesito di matematica mentre il fisico sta esprimendo il massimo dello sforzo. L’allenatore pone la domanda, il calciatore prova a dare la soluzione: se indovina esce dal circuito che sta percorrendo. In caso contrario? Altro giro, altra corsa, altro calcolo, finché la risposta non sarà quella esatta. Un video immortala l’“esame” improvvisato e diventa immediatamente virale.
Succede in Argentina, nel Justo José de Urquiza, piccolo club di Buenos Aires. Campi ai limiti della praticabilità, terra, fango e qualche ciuffo d’erba sparso qua e là. E’ la realtà della Primera B metropolitana, torneo regionale che include le squadre del distretto della Capitale e di Rosario. Il terzo livello nella piramide calcistica albiceleste. A quelle latitudini lo scintillio dei grandi palcoscenici è distante, la tecnologia latita e i soldi rimangono pochi. Niente high tech allora, ma vecchi metodi, un po' rudi e sempre efficaci. Aumentare la coordinazione tra il corpo e il cervello, mantenere elevata la concentrazione e non perdere mai di lucidità. Le operazioni non sono impossibili, ma il gioco si complica terribilmente nel momento in cui la mente è rivolta altrove.
Lo scopo dell’esercizio si sposa male con il luogo comune dell’atleta che non va d’accordo coi libri, ma potrebbe aprire una porta d’emergenza. Una soluzione alternativa qualora con pallone non si riuscisse a sfondare.
A cura di Nanni Sofia