Antonio Stelitano il Mondo ormai l’ha girato tutto. Con il pallone tra i piedi ha toccato quasi due continenti, mancano solamente l’America del Nord e l’Oceania. Da Messina all’Argentina per arrivare nella Repubblica Dominicana. In mezzo Spagna, Uruguay, Lituania, Mongolia, Malta e San Marino. Le ultime due tappe l’avevano riavvicinato a casa. Poi di nuovo biglietto aereo, passaporto e valigie in mano.
Paese che vai, tradizioni che trovi
A volte però andare dall’altra parte del Mondo non è un cambiamento così drastico: “In Argentina e Uruguay sembra di essere in Italia. Per esempio noi ci troviamo per bere un caffè, loro il mate. Poi ci sono molte persone di origine italiana. Ci sono stati europei dove la differenza si sente di più, come in Spagna o Romania”. In Repubblica Dominicana invece di differenze ce ne sono eccome: “Qua il silenzio non esiste. Già quando ti svegli la mattina senti la musica a palla, la gente che urla”. Poi però c’è l’aspetto che per Stelitano è il più positivo: “Loro sono molto religiosi, questo è un bene perché anche io lo sono. Le prime partite le ho perse per i calcoli renali. Quando ero in ospedale chiedevo a chi stava peggio di me come stessero e mi rispondevano sempre ‘Grazie a Dio bene’ o ‘Spero in Dio di guarire’. Prima delle partite pregano sempre per esempio, anche solo prima di salire sul pullman”.
Dalle spiagge dominicane alle montagne di Jarabacoa
Per Antonio è la seconda volta nella Repubblica Dominicana. La prima volta era stata a Moca, nella zona costiera, ora è a Jarabacoa: “Non conoscevo questa zona ed è molto bella. Ci sono montagne, cascate e il clima è molto fresco. Prima a Moca giocavo partite con 37°”. Ma nonostante il caldo torrido, il campionato dominicano è uno dei più complicati dal punto di vista fisico. Per questo Stelitano, pur essendo tornato vicino a casa, aveva deciso di tornare in centro America: “Ho 33 anni e volevo tornare qui prima di smettere. Poi sono sicuro che questa scelta mi allungherà la carriera. L’altra volta, quando ero partito, ero andato in Spagna e lì rispetto ai compagni volavo in campo. Lo sforzo fisico nel campionato dominicano è notevole”. Prima di tornare nella Repubblica Dominicana altre opzioni, dall’India all’Indonesia, fino al Giappone, dove l’avrebbe portato un amico conosciuto in Lituania.
Io e un giapponese in Lituania a parlare spagnolo
Una storia che sa quasi di barzelletta. Un italiano e un giapponese (Toru Kobayashi) in Lituania. “Per comunicare usavamo lo spagnolo, perché anche lui aveva giocato in Argentina, mentre non parlava una parola di inglese. Lì siamo diventati amici e ora ci sentiamo tutti i giorni. Mi chiede consigli sui giocatori, perché fa il procuratore adesso e poi parliamo di calcio”. Uno dei tanti rapporti di amicizia creati nel corso degli anni in giro per il Mondo: “In Argentina ero giovanissimo. Le famiglie dei miei compagni mi ospitavano per le feste. Quando sono partito, alcune mamme erano in lacrime. Molte mi chiamano ancora, alcune per chiedermi di aiutare loro amici o parenti per avere la cittadinanza in Italia”.
Un intermediario negli spogliatoi
Tante realtà diverse portano anche a un grande arricchimento culturale, cosa che ha portato Stelitano a diventare quasi un intermediario negli spogliatoi in cui ha girato: “Quanto giocavo a Melia, in Spagna, c’erano molti musulmani in squadra e sapevo che loro la doccia non la fanno nudi per motivi religiosi, quindi mi sono sempre adeguato e l'ho spiegato agli altri. A Malta c’erano brasiliani e argentini e io facevo da traduttore”.
E pensare che quando era partito dalla sua Messina parlava solamente italiano: “Stavo per partire per l’Argentina e mio padre mi aveva regalato un dizionario tascabile. All’epoca non c’era Google Translate, non era facile come adesso. Volevo presentarmi bene lì, quindi studiai un discorso di presentazione in spagnolo. Appena arrivato invece dissi solamente ‘ciao, piacere Antonio’ in italiano”.
Ora lo spagnolo lo parla eccome Antonio, ma a breve lascerà per la seconda volta la Repubblica Dominicana. Il prossimo timbro sul passaporto ancora deve decidere quale sarà: “Il Brasile mi ha incuriosito. Vorrei tornare in Asia, come Mongolia o andare in un campionato degli Emirati. Sono andato a San Marino perché volevo fare l’Europa League. Potrei anche tornare in Italia per dimostrare il mio valore”. La certezza è che ovunque andrà, lo farà per continuare a realizzare il suo sogno: essere un calciatore professionista.