Perdere 4-1, in una partita fra l’altro decisiva difficilmente può far piacere. Ma ci sono sconfitte e sconfitte, e perdere con il Bayern è ormai diventato un passaggio obbligato per praticamente tutte le squadre che si trovano a incrociare il loro percorso in Champions League con quello dei bavaresi.
Insomma, forse non basta a giustificare la prestazione della Lazio in questo ottavo d’andata, ma le statistiche sembrerebbero condannare ormai tutti gli sfidanti del Bayern: da quando Hans-Dieter Flick è l’allenatore, infatti, i tedeschi non hanno perso nessun incontro europeo. In sunto: 15 partite, 14 vittorie ed un pareggio, quello ai gironi di questa edizione con l’Atlético Madrid, quando la qualificazione era già ottenuta. Una marcia inarrestabile.
In mezzo c’è anche la finale, terminata ovviamente col sollevamento della coppa, contro il Paris Saint-Germain. Il miglior esempio della bontà della cura Flick: efficacia dimostrata al 100%, permette di alzare tutti i trofei in calendario. Una svolta arrivata a novembre 2019 che ha rimesso insieme i pezzi di uno spogliatoio demotivato, insoddisfatto sotto la direzione di Kovac, e l’ha reso la più grande corazzata del mondo (lo certifica il Mondiale per Club).
Poca filosofia, ma idee semplici e chiare — appoggiate sulle basi tattiche costruite da Kovac — e un attitudine da vincitore che, evidentemente, la squadra ha recepito con discreti risultati. È bastato solo questo a Flick per entrare nel cuore dei tifosi e nella storia del Bayern Monaco.
In conclusione, la Lazio non è né la prima né sembra che sarà l’ultima vittima del Bayern. E questo non solo può servire a vedere sotto un’altra luce questo risultato, ma anche a vivere con altre speranze il ritorno. Perché, diciamocelo chiaramente, magari non arriverà la qualificazione ai quarti, ma già battere il Bayern, oggi come oggi, sarebbe un’impresa per la storia.