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Pugni stretti e mascella chiusa: un anno fa erano sorrisi ed emozioni, perché Diego a 33 anni si reinventava una vita. Da calciatore, a quell’età, non è facile: aveva pianto salutando l’Atletico Madrid. “Mi capita solo quando vinco”, diceva. In questo caso era per un addio, da vincitore, con un salto verso l’ignoto. Godin e l’Inter sembrava un grande binomio, non si può dire che sia andata proprio così.

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"Pensa positivo"

Comincia titolare, poi arriva qualche panchina di troppo. Sempre più frequenti: con Conte il feeling c’è ma non è tra i più convincenti là dietro. Non come Bastoni, che rispetto alla calma di Godin, ci mette l’esuberanza del giovane. Che piace di più. Pugni stretti e mascella chiusa: segno di un’esultanza rabbiosa che toglie a Diego un enorme peso. “Ma io ho sempre pensato positivo”, dice a Sky. “Sono venuto qui per vincere, ho tanti anni di contratto, voglio restare”.

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Di lui si dice che sappia usare la testa. “Mi è sempre piaciuto”, aveva anche ammesso in un’intervista alla tv dell’Uefa. Parlava per metafora, ma nemmeno troppo. Lo sapete che con quello segnato al Torino, salgono a 25 i gol segnati da colpo di testa su 33 totali? Non è proprio un dato da poco. L’ultimo di una lunga serie, quello che ribalta lo 0-1 firmato da Belotti in un fulminante 2-1 che viene pochi minuti dopo la rete del pareggio di Young. Che poi a chiudere il tutto è Lautaro Martinez, che si sblocca dopo cinque partite. Finalmente.

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Torniamo a Godin. L’ultimo gol di una serie, sì, ma il primo in assoluto nell’Inter. Una ripartenza per Diego, che diventa il diciottesimo giocatore ad andare in gol in stagione (non accadeva dal campionato 2007/2008). Già con il Verona era sembrato il leader che all’Atletico là dietro manca parecchio. Questione di tempo, forse, di ambientamento. C’è chi si aspettava potesse fare meglio da subito, lui non ha mai avuto fretta. Ha lavorato di testa, come gli è sempre piaciuto fare. Conte ringrazia.