Il secondo tempo di Sperotto. Dalla registrazione di Capuano in spogliatoio ad Arezzo, alla rinascita a Fermo. “Fu una leggerezza, ma non l’ho mai diffuso”
Ogni partita, come la vita, ha un primo e un secondo tempo. Quella di Nicolò Sperotto però non inizia col fischio dell’arbitro, ma con un tasto premuto sul cellulare al rientro in spogliatoio. Rec. Chissà quante volte ha ripensato a quel gesto, intervallo di una carriera, inizio di una storia assurda. È l’8 ottobre del 2015. L’Arezzo ha appena perso un’amichevole contro i dopolavoristi del Lucignano. L’allenatore amaranto, Ezio Capuano, è una furia. Chi lo conosce, sa cosa sta per succedere. I suoi attacchi d’ira in sala stampa sono materiale di culto per naviganti e appassionati delle categorie minori. Focoso e irresistibile, come il professore, il datore di lavoro, il caporedattore che più o meno tutti abbiamo avuto. Quello che “avresti dovuto sentirlo quel giorno”. Quello di cui sorridere, passata la bufera, insieme a colleghi o compagni.
Sperotto prende in mano il cellulare, fa partire la registrazione e lo rimette in borsa. Capuano inizia il suo show. Insulti, parolacce e minacce in dialetto napoletano. “Siete scandalosi, siete vergognosi, contro una squadra di Promozione, voi non siete degni… Io vi squarto! Io vi giuro vi scanno se perdo con la Carrarese… Ne metto dieci fuori lista. Dieci!”. Lo sfogo del mister diventa un file audio. Nicolò lo condivide con i compagni. Una goliardata da spogliatoio, la leggerezza dei 23 anni, un eccesso di fiducia. “Non sono stato io a diffonderlo all’esterno. Non avrei mai dovuto premere quel tasto, ma io l’ho scambiato solo con i compagni”, ricorda con amarezza a gianlucadimarzio.com.
Pochi giorni dopo, lo spogliatoio dell’Arezzo diventa un tormentone sul web. Con la Carrarese arriva una pesante sconfitta casalinga. Il mister obbliga la squadra a fare uscire il colpevole. “Qualcuno dentro lo spogliatoio ha iniziato a fare il mio nome. Sapevo di non essere responsabile della diffusione dell’audio, ma ho ammesso la colpa della registrazione. Da lì è iniziato il mio calvario”. Fuori rosa, nessun perdono. Da terzino sinistro titolare a talpa da escludere. “Stavo male. Ho passato due settimane senza uscire di casa, non mi era consentito di allenarmi in alcun modo. Catapultato sulla bocca di tutt’Italia, ricevevo cento telefonate al giorno”. Persino Le Iene si occupano del caso. Nicolò chiede scusa anche con un video messaggio ma non viene ascoltato. “Ho staccato il cellulare e mi sono staccato dai social. I miei genitori erano molto preoccupati”.
Persone semplici: un artigiano e una casalinga. Vivono a Zubiena, il paesino della provincia di Biella da cui Sperotto ha dato il calcio d’inizio alla sua vita. Un ottimo primo tempo: gli amici, i giri in bicicletta, il diploma da geometra, le giovanili nel Torino “nonostante fossi tifoso juventino”, i primi spostamenti seguendo il pallone. In Emilia, prima alla Reggiana e poi al Carpi. La felicità per una storica promozione in B, da titolare, a 21 anni. Gioie e dolori, come quella maledetta fascite plantare che passa da un piede all’altro e gli fa perdere il primo treno per la gloria. Niente serie B. Il ds Giuntoli lo dirotta prima a Cosenza “un disastro, andò malissimo sotto ogni profilo”, poi all’Arezzo. È in Toscana da pochi mesi quando finisce il suo primo tempo.
L’intervallo dura un mese e mezzo, il tempo di uscire da quella situazione. “Trovammo un accordo, dopo aver fatto richiesta di un arbitrato. Alla fine mi era stato consentito di allenarmi con la Berretti. Poi arrivò l’Alessandria”.
I grigi, alla fine del periodo più nero. Stessa categoria, girone diverso. La sua ripresa comincia vicino casa con un traguardo pazzesco: trionfo nei quarti a Spezia, semifinale di Coppa Italia contro il Milan. Da epurato a San Siro, anche se la doppia sfida titanica la vede dalla panchina. Aspetta paziente il suo momento. Del resto, le sue passioni lo hanno abituato così. “Amo pescare e andare a caccia. Mi aiutano a guardarmi dentro e a fare le scelte giuste”. La canna da pesca o di un fucile in braccio e la testa che si rigenera. Il secondo tempo della sua vita lo gioca all’attacco, come Maicon, “mio punto di riferimento sulla fascia”. Un sombrero al passato e la corsa dirompente verso il presente.
Prima una stagione positiva a Como, nel mezzo di una tempesta societaria, fra salvezza sul campo e gestione fallimentare di lady Essien fuori. “Ci abbiamo rimesso tre stipendi”. Poi, quest’anno, l’arrivo a Fermo. Due obiettivi: salvarsi e tenersi lontano da guai fisici. Su entrambi i fronti, siamo quasi in porto. “Ci manca un punto per la salvezza matematica. E per fortuna, a parte qualche occasione, sono sempre stato bene”. Merito anche di un’alimentazione curata nei dettagli e di una preparazione fisica rigorosa. Tutto studiato, anche a livello personale. “So che per dare il massimo sulla fascia, devo essere in forma e per questo il mio frigo concede poco alla fantasia. In più sono iscritto a scienze motorie a Roma: è un modo per prepararsi una strada futura e aiutarsi nel presente”.
Testa sulle spalle e testa sulle palle giuste. Dieci giorni fa una sua zuccata contro il Gubbio a sette minuti dalla fine ha regalato tre punti fondamentali nella corsa salvezza. Terzo gol della carriera, primo dell’anno. Era entrato nel primo tempo, ha cambiato marciato nel secondo. Un manifesto. “Non sono abituato a segnare, però ho visto che c’era spazio sul secondo palo, Petrucci ha messo una palla d’oro e ho potuto togliermi questa gioia”. Autentica e liberatoria. Domenica arriva il Padova e “dobbiamo fare l’ultimo passo verso un grande traguardo. Ce lo meritiamo”. Poi potrà festeggiare con Alice, sua compagna da tre anni. Una ragazza semplice come lui. Hanno attraversato una tempesta più grande di loro, solo per una leggerezza. Nicolò adesso è un ragazzo di 26 anni in pace col passato. Sa essere professionale, senza prendersi troppo sul serio. Non cerca vendette, né rivincite. “Capuano? Non l’ho mai sentito. Quest’anno eravamo nello stesso girone, ma una settimana prima della partita con la Sambenedettese mi sono fatto male a una costola”.
Ci sarà tempo anche per questo, nel corso del suo secondo tempo. Per i supplementari, invece potrebbe esserci una sorpresa. “Il futuro? Mi esercito col tiro a volo. Hai visto mai, magari un giorno arrivo alle Olimpiadi…”. Avrà modo di pensarci, fra una battuta di caccia e un pomeriggio sulla riva del fiume.
Non aspetta che passino cadaveri, gli basta essere felice.