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“Il regalo più bello”. L’emozione del ritorno in campo di Brighenti dalle parole del fratello Marco

– “Nico, carico?”.
– “Normale dai, normale”.
– “Ah… beato te!”. 

“Il sabato mattina ci siamo sentiti per il fantacalcio, lui era lì sereno alle prese con Football Manager, tranquillo e rilassato”. Ma una spiegazione se l’è subito data, il fratello Marco: “Nico è così, fatalista. Poi con tutte le cose che gli son successe figuriamoci, non era certo sabato…”. Un dato di fatto, appurato. “Eravamo più emozionati noi di lui. Sembrava dovessimo giocarla noi la partita. Il viaggio Bardolino-Vicenza è stato fatto in silenzio religioso, una macchinata piena di tensione e concentrazione”. E con la maglia di Brighe sulle ginocchia. “Sì, quella dell’andata: Modena-Vicenza”. 

In tribuna “gli amici storici del Lago, undici-dodici. La moglie ed io”. E rivedere Nico in campo dopo quattro mesi ha fatto più di un effetto. Non si parla tanto di sorpresa: “Già a Perugia gli era stato chiesto se se la fosse sentita ma lui ha preferito aspettare e rispettare i tempi dei medici. Quindi che alla fine giocasse, lo si sapeva. Noi eravamo pronti da parecchio”. Quanto di commozione: “Qualche lacrima è scesa”. Papà e mamma? “No no, a casa per scelta!”. Marco Brighenti ci svela in esclusiva su gianlucadimarzio.com: “Mamma è proprio uscita di casa, non ha voluto nemmeno vederla, di proposito. Credo che con il calcio abbia chiuso per un po’ dopo tutto quello che ha sofferto. Papà è rimasto davanti alla tv, porta bene di solito”. 

In anticipo, giù in tackle e su a saltare nei corner a favore. A momenti caccia pure il gol. “A me non sembrava fosse fermo da quattro mesi. Tatticamente ma soprattutto atleticamente”. A te, Marco, come a tutto un Menti estasiato. Che però al ’18 del primo tempo trattiene il fiato e si chiede intimorito: “Ancora? Non può essere”. Scontro fortuito con il compagno Laverone, Brighenti cade a terra e si stringe forte forte la tempia. “Ci siamo spaventati lo ammetto. Un pochino sì. Sembrava si fosse tagliato, ci siamo detti “no dai, basta” anche perché di apprensioni ne abbiamo prese già a sufficienza. Ma poi mi dico: sempre contro un tuo compagno di squadra? Fatti due domande, forse gli stai sulle balle…” scherza Marco. Nico fa una mezza piega però si rialza quasi all’istante, il ricordino è comunque rimasto: “Un bernoccolo gigantesco!”. Per fortuna solo quello va. “Sia mai che non si faccia niente!”. Ma anche in questo caso un perché ci può essere, Marco non la nasconde: “Credo che Nico sia in credito con la fortuna”. 

Prima un tumore alla testa, nel 2009. Poi la lacerazione del pancreas dopo Vicenza-Como del 19 settembre 2015. “L’ultima volta è stato peggio, decisamente peggio. Per il dolore fisico che ha provato, perché si diceva che fosse a rischio la sua vita, il calcio non c’entrava nulla”. Marco ricorda lucido quei momenti: “Mi trovavo in montagna, in un rifugio. Ero rimasto che aveva preso solo una botta, poi a mezzanotte ho saputo dell’operazione. E non potevo tornare indietro. Mi sono scritto con papà e sua moglie tutta la notte, ho avuto paura per mio fratello”. Respiro che va via per qualche attimo, poi il sollievo. “E’ stato un mezzo miracolo: i medici hanno provato, è andata bene. Sto maledetto ci ha fatto soffrire!”. 

Ma tanto Marco già lo sapeva. “Appena avrebbe fatto qualche passetto già immaginavo gli sarebbe partito l’embolo di correre, giocare, lavorare”. Poi per il calcio figuriamoci, una passione troppo grande per lui. O meglio, una malattia… di famiglia. “Certo! Giocavamo sempre insieme: io, lui e nostro cugino Andrea, oggi capitano della Cremonese. Nico sempre difensore, io centrocampista, Andrea la buttava dentro da vero attaccante. Nel mio piccolo ho trascorso 12 anni in promozione, quest’anno ho smesso per lavoro”. Più tempo per Nico, quindi. “Già! Anche se al Menti l’ho sempre seguito con costanza”. Quella contro il Modena però sarà un ricordo che non puoi dimenticare, da segnarsi sul calendario a vita. “Guarda, venerdì ho pure compiuto trent’anni: Nico mi ha fatto il regalo più bello che potessi chiedere”. A lui, il fratello (anche testimone di nozze) Marco. A noi sportivi. Ma soprattutto se l’è fatto a se stesso. Nicolò Brighenti. Che fissa già il prossimo obiettivo, non senza il sorriso sulle labbra: “Almeno finire il campionato… senza infortuni!”.