“Nella nostra mente vinciamo sempre!”. Il Derby, e non solo, visto dalla Carrozzeria Inter
Via Carlo D’Adda, Milano, a due passi dal Naviglio. Marciapiede di quelli larghissimi. Al civico 4, tra il grigiore del cemento, irrompe il nerazzurro, con una stella color oro in cima: è il logo della Beneamata. Un omaggio di qualche tifoso in una notte di gloria, si potrebbe pensare. Poi, basta alzare lo sguardo: bandiere, trofei scolpiti nel muro e un’insegna che dice tutto: Carrozzeria Inter. La curiosità è inevitabile, data l’unicità e la particolarità di un angolo nerazzurro tutto da scoprire: fare due passi al suo interno è la più chiara delle conseguenze di un forte richiamo calcistico.
Rinominata così dal 1961 per un motivo più che particolare: anno in cui l’Inter di Moratti perse lo scudetto con la Juventus, a seguito della famosa partita che CAF fece rigiocare, in cui Herrera decise di mandare in campo (per protesta) la Primavera. Successo bianconero facile volto a scatenare l’orgoglio nerazzurro della famiglia Fiamberti, spingendo la stessa a fare della propria carrozzeria un vero e proprio tempio interista. E non potreste mai immaginare come Vittorio, Corrado e Riccardo facciano revisioni e tagliandi: tuta da meccanico sì, ma sotto camicia bianca e cravatta nerazzurra. Sopra, d’inverno, piumino col logo della squadra. Sarà anche per questo che qui, clienti come Sandro Mazzola e Renzo Rovatti, si sentono a casa. Così come Javier Zanetti che – raccontano i tre a gianlucadimarzio.com- “Quando va al suo ristorante argentino, passa sempre a salutare”.
Appena entrati, il colpo d’occhio dell’ufficio è notevole: le pareti sono tappezzate di gagliardetti, maglie incorniciate, poster, fotografie e targhe celebrative. Semplicemente, il regno dell’interismo più radicato. In un angolo, impossibile non notare una coppa, La coppa. Un po’ meno panciuta della Champions originale, ma lucida e agghindata con nastri nerazzurri: “Quella è una coppa inglese. Ce l’hanno regalata dei tifosi del Chelsea dopo la sconfitta a San Siro nell’anno del Triplete. Sono venuti qui e ce l’hanno consegnata sicuri che quell’anno la Champions League l’avremmo vinta noi.” Profetici, perché l’annata fu storica in effetti, così come il 4-0 al Milan alla seconda di campionato: quello, per la famiglia Fiamberti, è il loro derby, la vittoria più bella: “Il primo gol di Motta ti fa dire ecco come si gioca a calcio! Un’azione pazzesca, uno due, inserimento da dietro e il gol di Thiago. Quella era una macchina che girava bene.”
Una macchina che, nell’anno del Triplete, si è espressa in tutta la sua eleganza e potenza. Spontaneo chiedere, a chi di macchine si intende, di abbinare le componenti meccaniche ai giocatori scesi in campo in quella gloriosa annata: “Julio Cesar come gli interni, che abbracciano bene i passeggeri; Zanetti, Chivu e Maicon il cambio, Lucio e Samuel l’olio, Cambiasso e Thiago Motta la centralina, Milito ed Eto’o i pistoni e Sneijder la benzina, quella che faceva accendere tutto! Ed erano forti perché facevano parte di un ingranaggio infallibile: ad oggi, ancora, non sapremmo chi scegliere come migliore di quella formazione”. Sui titolari di Madrid nessuna preferenza, anche se Riccardo ci confessa che a San Siro, il giorno dopo, indossava la maglia di Arnautovic, che “Merita una menzione come agitatore di folle!”; ma le idee sono chiarissime quando chiediamo il nome del più grande che ha indossato la maglia nerazzurra e chi invece quella maglia non l’ha rispettata fino in fondo: “Ronaldo…Ronaldo era trainante, aveva tutte le qualità per essere il numero uno al mondo. Quando c’era lui in campo se li portava via tutti. Ronaldo era una Ferrari. Invece il tradimento che ancora fa male è quello di Ganz. Quanto cantavano i Boys per lui. Se n’è andato come se fosse disinteressato e ferite come queste, per i tifosi, restano aperte”.
Tra vecchie glorie e nuove promesse si parla anche del capitano dell’Inter di oggi, sul quale la famiglia Fiamberti non ha dubbi: “Icardi in questo momento rappresenta l’Inter più di chiunque altro. E’ difficile dire se si meriterà la fascia come Zanetti, ma se c’è un giocatore che deve prendersi questa responsabilità è proprio Mauro”. Non è facile fare breccia nei cuori nerazzurri. Si sente la mancanza di figure totalizzanti come Moratti e Prisco. E anche se la nuova proprietà ha il difficile compito di mantenere vive le loro idee di calcio i signori Fiamberti hanno una certezza assoluta: l’Inter dà qualcosa, se n’è accorto Mourinho (che tornerà, ne sono convinti) e se ne accorgerà Zhang Jindong, sul quale puntano per una brillante gestione e qualche colpo di mercato.
di Alice Nidasio e Simone Nobilini