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Il Pavoloso mondo di Pavoletti, il padre: “Da van Basten al futuro: vi dico tutto”

Petaloso? Non a Genova, dove il neologismo è un altro: Pavoloso. Merito dell’attaccante del Genoa Leonardo Pavoletti. A suon di gol – 10 in 13 presenze – i tifosi hanno cambiato il cognome di questo classe ’88, anche senza l’ok della Crusca. Ma la carriera di Pavoletti non è stata sempre in discesa, tra panchine e sfortuna. Si parte con il Cantiere Orlando, poi arrivano l’Armando Picchi e Stefano Brondi.

“Lui faceva le Juniores – ci dice Brondi – l’avevo già visto giocare all’Orlando. Di Leonardo mi colpì il suo coraggio: una volta segnò di testa anticipando il portiere e prendendo anche un colpo. Così lo portai in prima squadra. Aveva un bel carattere, io gli ho solo messo il calcio in testa. Era già predestinato e determinato. Mi ricorda, con le dovute proporzioni, Marco van Basten“. Poi un retroscena: “Ricordo una semifinale playoff per la C2. Vincevamo 2-0 grazie a un suo gol, ma fu espulso. Gli dissi che se avessi perso quella partita lui non si sarebbe dovuto far trovare nello spogliatoio. Lo ha responsabilizzato, per sua fortuna vincemmo”.

Dall’Armando Picchi al Viareggio, parla l’ex compagno e attuale ds Sergio Carnesalini. “Fin da giovane aveva voglia di arrivare. Ricordo quando Aglietti lo fece entrare e uscire subito contro la Colligiana per il suo approccio sbagliato: Leonardo ci rimase molto male, ma capì subito”. Dopo il Pavia, poi, c’è la (breve) tappa Juve Stabia. “Da noi trovò poco spazio – rivela l’ex compagno Giorgio Corona – per la regola degli Under ma aveva tanta voglia di imparare. Gli ho dato molti consigli, gli dicevo che a un attaccante basta un attimo per cambiare le cose in meglio o peggio”.

La svolta però arriva l’anno dopo a Lanciano: “Leo – ammette il difensore Aquilanti – ci portò in B a suon di gol. Era un trascinatore positivo e una persona alla mano, non mollava mai. Se subivamo gol portava subito la palla a centrocampo. Ero sicuro che sarebbe arrivato in Serie A perché se la palla passa in area lui la prenderà sempre, anche in acrobazia. Una volta dentro lo spogliatoio ci fu un confronto, lui si alzò e prese di petto il problema nonostante la giovane età: mi stupì molto. Rivedo un po’ Cristian Vieri in lui”.

Dal Lanciano al Sassuolo, passando per il Varese e finendo con il Genoa, sempre segnando. Qual è stata però la vera svolta di Pavoletti? “Credo sia arrivata a Lanciano – rivela il padre Leonardo a Gianlucadimarzio.com – lì Gautieri lo ha lanciato definitivamente e gli ha dato fiducia. Ma anche Varese e l’allenatore Aglietti sono state importanti. La passione per il calcio – continua – gli è nata a 9 anni, quando veniva al circolo dove insegno tennis. Lì c’era un campo di calcetto e ha iniziato a giocare. Aveva iniziato con il tennis ma poi ha visto che da calciatore andava meglio. Ci ripensò quando le iscrizioni per il Cantiere Orlando erano terminate, poi per fortuna ci riprovò l’anno dopo”. Si è avvicinato al calcio grazie al Milan: “Sono un grande tifoso dei rossoneri, gli compravo le cassette con i gol di Papin e van Basten”. E pensare che poteva essere del Livorno: “Il compianto Vitulano (ex attaccante) faceva l’osservatore per loro e lo aveva selezionato. Ma i dirigenti del Cantiere Orlando si opposero perché era fondamentale per la loro squadra, poi a quei tempi il Livorno non aveva un vivaio. Alla fine due anni dopo scelse il Picchi. Ho sempre seguito io la sua carriera, portandolo a tantissimi provini, vedevo che aveva talento ma non avrei mai pensato di vederlo così in alto. Sono stato un supporto positivo ma lui è cresciuto con lo sport, è sempre partito dalla panchina non mollando mai. A 17 anni era già con la valigia in mano”.

Tanti gol, ma alcuni sono speciali: “Il poker nei playout con il Varese fu una liberazione per tutti. Poi il primo gol in A contro il Palermo fu speciale ma quello indimenticabile è stato quello al Parma lo scorso anno, il primo con il Genoa”. Non solo momenti positivi però: “Mi arrabbiai molto quando fu squalificato per doping. Era dopo un Livorno-Sassuolo, aveva il raffreddore e il medico gli suggerì un farmaco, il Rinoflumicil, che lo fece squalificare 40 giorni: fu dura”. Magari il più bello potrebbe arrivare questa estate in Francia all’Europeo: “Ci crede, se lo augura ma non sarà facile. Serviranno molti gol. Solitamente quando torna dopo uno stop fa bene, questo ci rende fiduciosi”.

Dal Pavoletti calciatore all’uomo il passo è breve: “È un idolo al fantacalcio? Sì, credo di sì, ma onestamente non conosco bene le dinamiche del gioco. Lui si fa ben volere da tutti. E’ un ragazzo serio e poco mondano, innamorato di Livorno e Genova. Sarà per il mare. In Liguria convive con la sua ragazza Elisa, si conoscono da 8 anni. Ora vivono nella casa di Kucka, passato al Milan a gennaio. Nel tempo libero escono spesso con Perin e la sua fidanzata”. Pavoletti ha anche un insolito animale domestico, un maialino vietnamita, ma forse è troppo legato a casa: “Hanno lasciato tutto a me, maialini, cani (ride, ndr). Quello fu un regalo dell’ex ragazza del fratello di Leonardo, ci è molto legato”. Pavoletti è la rivelazione del campionato, impossibile non chiudere con uno sguardo al futuro: “Lui ama Genova, la piazza e l’incredibile tifoseria. Anche io ormai sono un grande tifoso del Grifone. Certamente però andando a giocare in squadre che solitamente lottano per lo scudetto, o anche per le coppe come Fiorentina e Lazio, potrebbe compiere l’ultimo step come successo a Perotti e Iago Falque. A volte è penalizzante, certo, però lo spero”.