Il 2016 del calcio internazionale: 10 momenti che lo hanno segnato
Favole. Molte a lieto fine, alcune finite e basta. Per fatalità o perché ne era arrivato il tempo. Il 2016 del calcio internazionale ha un comune denominatore: le lacrime, di gioia e di dolore, per lo stupore o per la tristezza. Il 2017 è alle porte e prima di accoglierlo volgiamo lo sguardo indietro per l’ultima volta, rivivendo 10 momenti che hanno segnato l’anno che sta per finire. Con la consapevolezza che forse certe storie non le rivivremo così presto e l’auspicio che con la fine di alcune di esse sia coinciso anche l’inizio di altre che racconteremo tra un anno esatto. In fondo il calcio, come la vita, è un flusso continuo e gli anni non fanno altro che scandirlo, senza però limitarlo.
1. ADDIO JOHAN – Il 24 marzo ogni pallone di calcio su ogni campo del mondo rotola un po’ più lentamente. A Barcellona muore Johan Cruijff, che si spegne per un tumore ai polmoni. Ogni parola per dire chi e cosa sia stato per il calcio risulterebbe superflua: “calcio totale”, “creatore”, “profeta del gol”. Quel che è certo che Cruijff, come ogni rivoluzionario, ha lasciato un’impronta che ancora oggi si vede nel calcio. Un 14 è per sempre.
2. LEICESTER, WHERE AMAZING HAPPENED – Prendiamo in prestito questo slogan NBA perché “amazing”, insieme a centinaia di altri aggettivi, è quello che a maggio succede in Premier League. Coincidenze astrali? Un gruppo che supera i propri limiti? La sapienza di Ranieri? La magia del calcio? Un po’ di tutto questo. Il Leicester è Campione d’Inghilterra e 7 mesi dopo leggerlo fa ancora un certo effetto.
3. RB LIPSIA – E se il 2016 è stato l’anno d’esordio dei primi calciatori millennial, lo stesso può dirsi per una squadra. Sì, una società nata nel 2009 (!) viene promossa in Bundesliga e, tra l’altro, la sta contendendo adesso al Bayern Monaco. Non una società qualsiasi. RB sta per RasenBallsport, ma è anche la sigla della Red Bull, la multinazionale che ne è proprietaria. Una promozione che segna anche il ritorno di una squadra della vecchia Germania Est in Bundes e che per la sua rapida scalata a suon di milioni di euro è odiata dai tifosi tedeschi. Eccetto i propri…
4. EUROPEI/1 – Cominciamo da noi. Dall’orgoglio ritrovato, dalle folli corse di Conte, capitano di una squadra che ci ha fatto innamorare non per la sua classe ma per la sua grinta. L’Italia agli Europei abbandona il sogno ai quarti contro la Germania, ai rigori. Ma nonostante l’eliminazione, la tristezza e l’amaro in bocca, quella sensazione che in fondo saremmo potuti arrivarci, nonostante tutto questo ci si rende conto di quanto sia bello (e facile) specchiarsi in questa Nazionale. Perché anche senza essere il migliore, anche senza vincere, si potrà essere ricordati e amati.
5. EUROPEI/2 – Quando buona parte del tuo popolo è allo stadio e festeggia con te battendo le mani in sincronia, sei già entrato nella storia. Perché significa che Davide ha battuto Golia, che una piccola nazione è diventata grande. E’ quello che ha fatto l’Islanda, fino a quel momento famosa solo per ghiaccio, aurore boreali e vulcani impronunciabili. E che invece agli Europei ci arriva con autorità e li gioca con ancor più autorità. Fermandosi solo ai quarti contro i padroni di casa della Francia, dopo aver spaventato il Portogallo ed eliminato l’Inghilterra. C’è chi il calciatore non lo faceva neanche a tempo pieno, ci sarebbero tante altre storie da raccontare. Nessun racconto però potrà mai essere speciale come è stato per loro viverlo.
6. EUROPEI/3 – E in un Europeo così, in un 2016 così, non poteva certo mancare il (la) finale a sorpresa. Vince il Portogallo. Sì, proprio loro. Quelli senza centravanti da sempre (e infatti la decide un centravanti, Eder, ai tempi supplementari), quelli che battono la Croazia solo ai supplementari, quelli che perdono Cristiano Ronaldo durante il primo tempo. E però Cristiano esce, sì, ma è come se restasse in campo. Incita, si sbraccia, urla. Quest’anno, ogni cosa abbia toccato, si è trasformata in oro. E’ così anche per il Portogallo: e la malinconia per un giorno diventa euforia.
7. LE LACRIME DI LEO – Messi, invece… Perde con l’Argentina la terza finale e consegna la Copa al Cile sbagliando un rigore. A fine partita scoppia in lacrime, poi promette che questa sarà la sua ultima partita con l’albiceleste. Per fortuna cambierà idea. L’extraterrestre però dimostra di essere, in fondo, un po’ umano anche lui.
8. AUTUNNO A FORMENTERA – L’unica squadra di terza divisione qualificata ai sedicesimi di Copa del Rey. Per una volta non sono movida, discoteche, cocktail e spiagge a portare alla cronaca la Isla Bonita, che vive il suo sogno affrontando il Siviglia. Perdendo, anche abbondantemente: ma chi se ne importa. Loro festeggiavano già durante il sorteggio…
9. BORN IN 2000 – Kean e Pellegri in Italia. Ma prima di loro Vincent Thill, in Ligue 1. Il primo millennial in assoluto ad esordire nei top 5 campionati europei è questo predestinato nato in Lussemburgo. 4 febbraio 2000. E il 13 novembre arriverà anche l’esordio nelle qualificazioni mondiali con la sua Nazionale: a voi il futuro.
10. #FORçACHAPE – Tra tutte le favole a lieto fine ce n’è una che si è spezzata nel modo più crudele e beffardo. Quella della Chapecoense, squadra brasiliana non certo tra le più prestigiose che era arrivata ad un passo dalla gloria. Nessuna sconfitta sul campo però: la finale della Copa Americana non la giocheranno mai, per colpa di un maledetto aereo che decide di schiantarsi e di cancellare quasi tutta la squadra. Il calcio si raccoglie, tutti vogliono farsi sentire. Fa effetto. E alla fine, quella Copa, verrà assegnata proprio a loro.