I nuovi arrivati: tra esaltazione e capri espiatori, tempo al tempo
Quante valigie avete riempito nella vostra vita? Immagino tante. Un viaggio di lavoro, una vacanza o l’incontro con una persona importante. Si parte dalle scarpe, biancheria, pantaloni, maglie e maglioni a seconda della stagione. Poi, in una tasca laterale, rimane qualcosa di più intangibile: la speranza. La speranza che quel viaggio porti un arricchimento alla propria vita, a volte col retrogusto di rivalsa, altre col sapore dell’aspirazione. Non confondiamo la speranza coi sogni: quando si sblocca la combinazione di una valigia, gli occhi sono bene aperti e l’adrenalina già in circolo.
Mi piace immaginare così, il momento in cui un calciatore inizia una nuova avventura. Fino a qualche giorno prima di rispolverare il ‘trolley delle grandi occasioni’, sei ancora lì a vestire quella maglia che ti accompagna dal ritiro. O, peggio, ad osservare da panchine e tribune ciò che sarebbe dovuto essere e non è stato. Poi, in un gennaio che si ricorderà più per il calciomercato che per il meteo, una telefonata del tuo agente, la trattativa serrata e la decisione. Un saluto ai compagni, alla casa che ti ha ospitato ed ha vissuto per osmosi le tue emozioni. Vittorie e sconfitte sul campo e nella vita, chiuse a chiave in un cassetto della memoria, che da recente diventerà remota.
Negli ultimi giorni è stato il caso di Zukanovic, El Shaarawy, Zarate, Ranocchia, Kuzmanovic, Mancosu, Borriello ed Eder, per dirne alcuni. Dalle carte bollate al campo, dove bisogna portare a casa i tre punti. E l’allenamento, gli schemi, il feeling coi compagni? Forse gli amanti del calcio totale storceranno un po’ il naso.
L’exploit di El Sharaawy su assist di Zukanovic nella vittoria della Roma di Spalletti, che resti tra noi, trattasi in senso letterale di exploit. Ovvero un successo personale frutto di tempismo, tecnica e voglia. La voglia, in questo caso, ha sopperito ad una mancanza di tattica di squadra che non si può pretendere da giocatori appena aggregati.
La dimostrazione di questo concetto è negli occhi e nelle pagelle degli altri giocatori citati. Non c’è bisogno di individuare capri espiatori né processi alle intenzioni. Una valigia si deve svuotare con i tempi necessari: scarpe, biancheria, pantaloni, maglie e maglioni. Poi si arriva alla tasca della speranza, motore per entrare nei meccanismi di una macchina già in corsa e stimolo per adattarsi al passo degli altri. Per poi, perché no, trascinare il gruppo verso nuove ambizioni e traguardi. Mai come in questo caso, tempo al tempo.
Luca Gandini – @inggandi