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Hillsborough, 31 anni dopo: una tragedia senza colpevoli

Oggi sono 31 anni. Trentuno anni da un'immensa tragedia che ha segnato per sempre la storia di Liverpool. Trentuno anni che 96 anime cercano giustizia, mentre le loro famiglie continuano a lottare, senza più lacrime, con la disperazione di un deserto nel cuore.

Da quel 15 aprile del 1989 che, da Sheffield a Liverpool, aleggia quasi spettrale una voglia di verità straziante, che a volte sembra abbandonarsi al vento, ma che poi improvvisamente ritorna, più forte di prima, stringendo in mano il dolore di chi non può più abbracciare i propri cari da ormai troppo tempo. Una tragedia avvenuta, mentre andava in scena una partita di calcio.


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Il ricordo della tragedia dell'Hillsborough è ancora una ferita aperta che probabilmente non si rimarginerà mai. Sono troppe le ombre che avvolgono quella semifinale di FA Cup tra Liverpool e Nottingham Forest in cui a perdere la vita furono 96 tifosi Reds, schiacciati prima verso le inferriate dalla calca, soffocati e impotenti, poi dall'omertà, dalla menzogna, dalla volontà di lasciare alle vittime e alle loro famiglie solo oblio e bugie.

Quel giorno doveva andare in scena una festa di calcio come tante altre in Inghilterra quando la competizione si chiama FA Cup. Era la semifinale, la rivalità fra le due tifoserie da sempre accesa. Nonostante tutto, l'atmosfera fuori l'Hillsborough, lo stadio dello Sheffield Wednesday, era gioiosa e prometteva un grande pomeriggio di football.

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In quegli anni, la coppa d'Inghilterra aveva assunto ancora più importanza, dato che le squadre inglesi erano state escluse dalle coppe europee dopo la tragedia dell'Heysel. Nessuno immaginava, però, cosa stava per accadere: mentre ai tifosi del Nottingham Forest, di solito in minoranza rispetto a quelli del Liverpool, era stata riservata la Spion Kop End, che aveva una capienza di 21.000 posti, a quelli Reds era stata riservata la Leppings Lane, un settore a sinistra delle tribuna centrale, che di posti ne poteva contenere 14.600.

Il riempimento dello stadio andava a rilento, tanto che a poco meno di mezz'ora dall'inizio del match, il settore per i tifosi del Liverpool era ancora mezzo vuoto. Poi, la decisione della polizia di aprire il Gate C, un grosso cancello che permetteva l'ingresso alla parte centrale della Leppings Lane: l'inizio della fine.


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Mancavano 15 minuti all'inizio del match, previsto per le ore 15, e ancora molte persone dovevano prendere il proprio posto sugli spalti. Ne seguì una calca impressionante, in cui molti prima furono spinti a imbuto verso le zone laterali del settore, e poi verso le inferriate che impedivano l'ingresso al campo. Il tutto mentre la partita prendeva regolarmente inizio.

Molti cercarono di scavalcare quelle inferriate per trarsi in salvo, mentre altri non riuscirono a evitare di essere schiacciati, rimanendo soffocati. La polizia, già responsabile dell'inizio della tragedia, non si rese conto di ciò che stava accadendo, così come il resto dello stadio. Ed ecco che iniziava a caricare senza sosta chi cercava di sfuggire alla morte, aggiungendo disperazione al buio che già calava fra le tribune dell'Hillsborough.

Quando i poliziotti compresero la catastrofe, finalmente permisero ai tifosi di scavalcare le inferriate e invadere il terreno di gioco. La partita fra Liverpool e Nottingham Forest veniva sospesa alle 15.06, mentre tutti, nello stadio, iniziavano a spalancare gli occhi davanti alla tragedia. Iniziava così un lungo periodo di bugie: la colpa della tragedia venne data ai tifosi Reds, attraverso testimonianze pilotate, stampa inglese "invitata gentilmente" a stare dalla parte delle forze dell'ordine (emblematica, in tal senso, la posizione del Sun, che addirittura parlò di atti di depredazione da parte dei tifosi del Liverpool nei confronti dei cadaveri).


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Anni di vergogna, che però stanno pian piano svanendo. Perché la verità sta venendo fuori, e le anime di quei 96 stanno lentamente trovando la serenità che meritano. Già nel settembre del 2012 il Primo Ministro inglese, David Cameron, ha ammesso che i supporters del Liverpool non ebbero colpe per quanto successo, riconoscendo le respnsabilità della polizia del South Yorkshire e scusandosi per la "doppia ingiustizia: l'incapacità di proteggere le vite dei loro cari e l'imperdonabile attesa per arrivare alla verità".


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Ci fu un processo sulle responsabilità di quel giorno, un passo importante per dare giustizia a chi non c'è più. Prima le dichiarazioni di Clive Davis, che nell'aprile del 1989 era ispettore di polizia del South Yorkshire, che ha ammesso che le forze dell'ordine hanno deciso liberamente di "dare la colpa del disastro ai tifosi ubriachi e senza biglietto del Liverpool", poi quelle di David Duckenfield, comandante di polizia, che ha confessato i suoi errori di quel giorno, dopo anni coperti da un velo di omertà e menzogne: "Ammetto che probabilmente ero una persona inesperta e inadatta a ricoprire quel ruolo – ha dichiarato al processo – Mi scuso senza riserve con le famiglie delle vittime, è stata colpa nostra. Abbiamo deciso di aprire il cancello C e abbiamo causato un disastro, dando poi la colpa ai tifosi del Liverpool. Non c'è giorno che non abbia rimorso per le mie azioni".


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Straziante la risposta dell'avvocato Menon, che rappresenta l'accusa: "Ci sono molte famiglie delle vittime qui oggi, ma molte altre sono morte e non hanno avuto la possibilità di ascoltare le sue confessioni". Il 26 aprile 2016 fu giudicata la tragedia come “uccisione illegale”, riconoscendo gli errori della polizia e dei soccorsi. 


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Il 28 novembre 2019 David Duckenfield fu giudicato non colpevole di omicidio colposo. Già, perché troppi anni sono passati per arrivare a questo punto. Troppo tempo è passato, nascosto nell'ombra, ricoperto solo dal dolore delle vittime e delle loro famiglie. Nessuno riporterà in vita quelle 96 vittime, ma a distanza di 31 anni lo spirito di chi ha pianto e lasciato la propria vita su un campo di calcio ha, forse, la speranza di trovare la pace che merita. Justice for The 96. Never forget