Hellas Verona, Pazzini: “Gli assist me li farà Cerci. Cassano? Peccato, ma per me continuerà a giocare”
Giampaolo Pazzini è ripartito dalla Serie B. Con il Verona. Ma il purgatorio è durato un anno solo, ora e tempo di tornare in Serie A. Non ci sarà Antonio Cassano con lui, visto che ha deciso di lasciare la squadra veneta dopo pochi giorni di ritiro. Oggi “Il Pazzo” si racconta a La Gazzetta dello Sport: “L’ultima volta che ho pianto è stato il 18 maggio a Cesena. Me lo
ricordo sì: era un sacco che non
lo facevo e chissà quando lo ri
farò. La promozione, 23 gol
fatti, e quasi non mi ero goduto
nulla, fino a quel giorno. Avevo molto più da
perdere, quasi tutto. Quest’anno avrò più da guadagnare che
da perdere. Quest’anno dovremo
correre più degli altri e provare
a dare fastidio a tutti. Il nostro
obiettivo è uno, e uno solo: salvarci. Il Verona deve stabilizzarsi in Serie A. Ma salvarsi
non varrà meno di essere stati
promossi. Chi è appena salito in
A si sta rinforzando con giocatori
di categoria, le altre concorrenti
sono abituate a galleggiare in
queste acque: sarà il campionato
più equilibrato degli ultimi 78
anni. Sopra e anche sotto. Frase
un po’ fatta, ma rende l’idea: la
salvezza sarà il
nostro scudetto. Siamo in ritardo? Molti giocatori cambiati, alcuni
hanno iniziato più tardi, altri devono arrivare: diciamo che dobbiamo accelerare. Se segnerò svariati in meno di 23
ma tutti pesanti, io rispondo: dove si firma? Ho sempre messo il
“noi” davanti all”io”: quest’anno
dovrò farlo ancora di più. Il Verona costruito per me? A me serve una squadra
che arrivi con la
palla ad un certo
punto del campo perché ho bisogno di attaccare
negli ultimi 25 metri. Se vedo la
porta a 50 metri non va bene”.
Si parla poi, ovviamente, di Cassano: “Per me la scintilla è quando ti senti elettrico per la voglia di dimostrare qualcosa. Quando hai le
farfalle nello stomaco. Cassano? Le rispondo così: peccato, per
ché poteva darci una bella mano.
Altro non saprei dire, ma non ci
aveva dato questa sensazione:
stava bene, si era sempre allenato bene. Quello che sappiamo noi
è quello che è uscito su giornali.
Quello che ci ha detto la mattina
del 23 luglio, ultimo giorno del
ritiro, è stato: “Ciao ragazzi, io
vado: in bocca al lupo”. Poteva essere tutto e il contrario
di tutto: ciao ci vediamo nei prossimi giorni, o mai più. Come una
settimana prima: ci aveva riunito
per dirci addio la mattina, e il pomeriggio era di nuovo uno di
noi. Per me continuerà a giocare, ma è una sensazione. Gli assist conto che me li faccia Cerci. Nel
Milan abbiamo giocato insieme
poco, ma in due partite me ne ha
dati due. Pecchia è uno che sa restare sempre tranquillo. E che vede
sempre il bicchiere almeno mezzo pieno. Toni mi mancherà, gli amici ti mancano
sempre. Era importante, anche
per la piazza. E’ andata così. Contratto fino al 2020 ma potrebbe finire prima? Sì: non mi sono mai sentito legato a quella scadenza, neanche
quando firmai il contratto. Ultimo anno? Non è il mio pensiero: finché mi
sentirò così bene e avrò questo
entusiasmo, vorrei continuare.
Ascolterò corpo e testa, dipenderà da un sacco di cose, ma sento
di avere ancora soddisfazioni da
togliermi”.