Harvey Dent, il sole d’Europa e quelle nubi in Serie A: Lazio a due volti, chi sei davvero?
Tum, tum, tum. Pioggia fitta fitta, volti sconsolati. Poi due schiaffi…ed è game over. Neroverde che lascia il segno (sulla guancia). Stavolta l’Europa vola via davvero. Curioso però, vien quasi da sorridere. Perché appena giovedì la Lazio rifilava un bel tris al Galatasaray, volando agli ottavi. Ieri vincitori, oggi vinti. In Serie A, però, anonimato più totale quando bisogna tirar fuori gli attributi. Specie col Sassuolo, diretta concorrente per l’Europa League. Invece no, altro giro e altra sconfitta. Per di più senza segnare. Ancora. Quante sono in campionato? Undici gare senza gol. Ben cinque nelle ultime sei (non accadeva dal 2001, in “panca” c’era Zaccheroni). Mentre in Europa, beh, sempre in gol. Lazio, chi sei veramente?
Harvey Dent. Otto partite europee, 6 vittorie e 2 pareggi (con 17 gol segnati). Ruolino da medaglia d’oro. Occhio però, due lati opposti: il primo è sbiadito, sporco di fango. Quello dell’Olimpico, ormai ogni gara è una battaglia alla Braveheart. Quelli vincevano però. Su quel lato c’è scritto Serie A, si intravede appena. Fango e pioggia. Tum, tum, tum. L’altro, infine, è ben lustrato. Tirato a lucido. Fuoco che arde chiamato Europa. Rendimenti differenti. Concretezza e sprechi. Ping pong laziale. Pioli non si capacità, cerca spiegazioni. Idem i giocatori. Ma nessuno ne trova, che sarà? Forse le motivazioni, forse la pressione. Forse la spensieratezza di chi gioca senza paura. Spavaldi, fieri, testa alta e “come va va”.
Saint-Etienne, Dnipro, Rosenborg. Ok, avversari normali e senza guizzi. Ma il Gala? Beh, altro livello. Sneijder, Podolski, Muslera. Sbattuti fuori, però, da un energico tris. Toh, anche Klose in gol. Roba che in campionato non segna dal 31 maggio. Europa League ultima spiaggia, ultima occasione. Specie dopo aver perso ogni singolo obiettivo: dalla Supercoppa ai preliminari di Champions, passando per la Coppa Italia e la qualificazione alle prossime coppe europee. “Finché la matematica non ci esclude, lotteremo fino alle fine”. Pioli era sicuro. Oggi ammette che è “inutile farsi illusioni”.
Lazio a due facce. Tradita, forse, dai suoi uomini migliori: stagioni altalenanti per Candreva e Anderson, due che l’anno scorso facevano faville. Malino anche Parolo (l’anno scorso 11 gol). Djordjevic, Klose e Matri alla ricerca del gol perduto. Poi la difesa, tasto dolente. Ah, de Vrij, assenza pesante. “Chissà, se ci fosse stato Stephan…”. Mormorii di una tifoseria scontenta per una serie di motivi, dai risultati altalenanti a “strane” barriere tra le curve. Lazio alla Harvey Dent, supercriminale di “batmaniana” memoria. Un volto buono, l’altro no. Ora, che fare? Niente trattati alla Lenin. Serve concretezza per uscir fuori dal buoio, diradare le nubi. Prima o poi la pioggia cesserà. E uscirà il sole. Tum, tum, tum. Testa all’Europa. A Praga già non piove più.