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Gol in… sette Nazioni diverse! Ecco il giro del mondo di Michele Di Piedi: “In Italia però sono ciucci e presuntuosi”

 

Chissà se Jules Verne fosse un appassionato di calcio. Probabile, o forse no. Di sicuro se lo fosse stato e se fosse vissuto a cavallo tra gli anni 90’ e gli anni 2000 avrebbe sostituito Phileas Fogg con Michele Di Piedi per il suo giro del mondo. Michele, nato nel 1980, ci ha impiegato un po’ di più degli 80 giorni di quelli previsti nel celebre romanzo, ma partendo dalla sua Siracusa e muovendosi verso est è riuscito a chiedere il cerchio proprio quest’anno. Il suo è stato un giro del mondo nel segno del calcio, e più precisamente in quello del gol. L’ultimo in ordine cronologico è arrivato venerdì a Gibilterra, dove oggi gioca con la maglia del Mons Calpe. “In estate stavo per firmare con il Cordoba in serie B – racconta a Gianlucadimarzio.com Michele Di Piedi – quando è arrivata questa proposta da Gibilterra. Il campionato è salito molto di livello nell’ultimo anno perché hanno aumentato un posto per le qualificazioni alle competizioni europee”. Si tratta di un modello come quello scozzese: 10 squadre in tutto e ci si sfida per tre volte. La particolarità del campionato di Gibilterra è che tutte le partite si giocano nello stesso stadio. “Ovviamente i match sono suddivisi in orari e giorni diversi”. E Michele ha esordito con un gol e un assist. “E per merito della mia prestazione sono finito subito nella top 11 della settimina”.


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Ma facciamo un bel salto indietro, nel tempo e nello spazio. “Ho iniziato a giocare a Siracusa, ho vinto due campionati e ho conquistato anche la convocazione per il Mondiale Under 18 perso solo in finale contro il Belgio”. Insomma una carriera che sembrava spianata per lui che nella vita ha sempre avuto due desideri: giocare a calcio ma soprattutto fare gol. “Il calcio inglese, però, mi ha sempre affascinato e così quando ho avuto la richiesta da parte dello Sheffield Wednesday ho subito fatto le valigie”. Certo, all’inizio qualche problema con la lingua, ma quando segni è tutto più facile. “Dopo i primi 6 mesi di ambientamento, sopratutto climatico perché faceva freddissimo, mi sono innamorato di quel Paese”. Poi un infortunio e la possibilità di andare a giocare in Norvegia con l’Odd Grenland. “Erano una squadra neopromossa che puntava alla salvezza e aveva bisogno dei miei gol per vincere la coppa”. I primi sono arrivati (stranamente eh?!) la coppa invece no. “Siamo andati in finale, poi mia moglie è rimasta incinta e sono scappato per starle accanto e ho saltato la sfida decisiva contro l’Oslo”. Sconfitta e fine dell’avventura norvegese.

Ma Michele è uno che non si è mai fermato. Un altro piccolo giro in Inghilterra e poi un altro viaggio. Questa volta destinazione Cipro. “L’Apoel Nicosia è un club fantastico. Mi è bastato vedere una volta lo stadio e le strutture per dire sì. Una professionalità incredibile, per non parlare del calore dei tifosi. Quell’anno lì abbiamo fatto i preliminari di Champions persi solo contro Sparta Praga, per mano di Poborsky”. Ma in bacheca ci è andata la Supercoppa cipriota, con tanto di gol. Poi un altro infortunio e un altro viaggio, sempre verso est, ma ancora in Europa. “Quella al Tauras, in Lituania, credo sia stata la mia peggior esperienza calcistica. Faceva un freddo tremendo: il termometro alle volte segnava anche meno trenta”. Per segnare segna (seppur uno solo) ma l’anno seguente rifiuta l’offerta del Metalurg, in Lettonia.

Facciamo una piccola pausa, al momento abbiamo messo a verbale i gol in: Inghilterra, Norvegia, Cipro e Lituania, senza contare l’ultimo a Gibilterra sono già quattro nazioni diverse. Bene, si può andare avanti. Dalla Lituania volo diretto per il Myanmar, estremo Oriente. “A 33 anni ero a Singapore per uno stage e il direttore del Nay Pyi Taw mi chiese di provare a fare un esperienza da lui in Myanmar per giocare la Champions asiatica”. Dubbi? Macché, Michele è il globe-trotter del gol. “Quando sono arrivato c’era la dittatura ed ambientarsi era tutt’altro che facile, ma dopo un mese ero l’idolo. Non mi aspettavo un livello di calcio così elevato in Asia: corrono tantissimo”. E poi c’è stata la storica cavalcata in Champions. “Abbiamo incontrato la squadra cinese di Lippi, il Pune e la squadra di Thohir, quella indonesiana. Fino ad arrivare alla qualificazione ai quarti di finale che per il Nay Pyi Taw era un vero record”. Ci tocca aggiornare le statistiche allora perché in Myanmar arrivano altri 15 tra campionato e coppa, uno score tale da fargli guadagnare anche il premio come miglior straniero del campionato. Uno così non può restare nascosto ai grandi club della zona e così il Persib, acronimo di Persatuan Sepak Bola Indonesia Bandung, squadra indonesiana di proprietà di Thohir, cerca di ma alla fine non lo ingaggia per il campionato successivo. “Fu una scelta sbagliata, lo ammetto. Il campionato non iniziava mai, facevamo solo amichevoli in attesa del visto da parte della Federazione che però non arrivava”. Quattro mesi di attesa e poi la scelta di cambiare aria… e continente.

Dall’Asia all’America, anzi al Sudamerica. “Al Metropolitanos, Venezuela, mi sono sentito di nuovo a casa, quasi come se fossi tornato in Italia. Mi piacciono i posti caldi e le sfide”, ma sopratutto gli piacciono i gol e anche in Venezuela arrivano: 6 tra campionato e coppa. L’ultima avventura si chiama Mons Calpe e Gibilterra è il 7 Paese nel quale va a segno.
Ma oltre al calciatore e al bomber, c’è anche l’uomo. “Ho fatto queste scelte di vita perché so quello che voglio fare da grande: il direttore sportivo o l’agente di mercato e con tante esperienze non ho problemi ad avere contatti nel mondo”. D’altra parte parla 3 lingue (italiano, spagnolo e inglese) e ha amici in ogni angolo del pianeta. E tutto questo senza mai abbandonare la sua famiglia. “Mia moglie Veronica è la mia forza, mi segue ovunque insieme a mio figlio, quando ci sono le vacanze da scuola”. Figlio che è stato concepito in Norvegia ma è nato in Italia. A proposito, ma l’Italia in tutto ciò? “E’ il mio paese e lo amo, ma come cultura calcistica è un disastro: pensiamo di essere avanti ma in realtà siamo indietro. Quando la Nazionale perse contro Costa Rica ero l’unico che non si sorprese. E non tanto per la prestazione degli azzurri, quanto perché sapevo che oramai il calcio è visto come una cosa seria anche oltre i confini europei e non come una barzelletta”.

Oggi ha scelto Gibilterra grazie anche all’aiuto del suo amico Alessandro Magni e di smettere (di giocare e fare gol) davvero non ci pensa proprio. “Fin quando la benzina nelle gambe c’è non mi fermo. Fosse per me morirei in campo”. Per adesso ha il suo bel record: c’è chi sul mappamondo mette le bandierine e chi, come Michele Di Piedi, preferisce lasciare il segno in un altro modo. Facendo gol in 7 nazioni diverse, d’altra parte è lui il Phileas Fogg del calcio moderno. Il Giro del Mondo in molto più di 80 giorni ma con un pallone sempre sotto braccio, alla faccia di Jules Verne.