Napoli, a te Llorente: il bomber che odiava le interviste
Due stagioni nella Juve, esploso con Bielsa e rigenerato da Conte: “Mi diede fiducia e iniziai a segnare”. Voleva diventare un torero ma ha scelto il calcio. Sarà il jolly di Ancelotti dopo aver sfiorato la Champions
Da ragazzino aveva altri interessi. Suonava il clarinetto, segnava molto, solito fisico e stessa ‘zazzera’, bionda come quella di mamma Isabel. Una che conserva il suo primo cartellino come se fosse il ‘txupinazo’ di San Firmino, festa sacra, il ‘fuoco’ che ogni anno accende Pamplona. E accendeva 'Nando' Llorente.
Occhi azzurri, guizzi da ‘nueve’, ma il suo primo amore è stata la corrida: “A Carnevale mi travestivo da matador, volevo diventare un torero”.
Suo padre era un ‘carnicero’, macellava gli animali morti dopo le ‘corse’. Fernando aveva 9 anni, lo seguiva ovunque, nessuna paura: “Ero abituato”. Una caratteristica coltivata negli anni: Liga, Serie A, Premier. Athletic, Juve, Siviglia, 15 reti con lo Swansea e 2 anni nel Tottenham.
VOLVER A LA SERIE A
Oggi Llorente ha 34 anni e torna in Italia, firmerà con il Napoli. La riserva perfetta per Milik dopo i tentennamenti di Mauro Icardi.
Benvenuto al Sud, professionalità e tempra da basco, fin dalle origini. Aveva paura delle interviste e ‘dribblava’ i giornalisti in zona mista: “Quando ho debuttato con l’Atletico ero molto timido”. Un po’ meno con le donne. A 18 anni, proprio a Bilbao, ha conosciuto la sua Maria, futura moglie e madre dei suoi figli: “Veniva da San Sebastian, non sapeva nulla di calcio. Ora vede tutte le partite”. L’amore.
Prima di firmare con i bianconeri aveva già imparato l’italiano: “Volevo conoscere meglio il paese e farmi trovare pronto”. Segnerà 27 reti in 92 partite, vincerà due Scudetti, una Coppa Italia e due Supercoppe. Nell’estate del 2014, appena arrivato, avrebbe lasciato Torino e forse il calcio, il suo fisico non rispondeva bene, ma Conte gli restituì la voglia di lottare: “Mi è stato vicino, diceva di avere pazienza. Poi ho iniziato a segnare ed è andato tutto bene”.
TRADIMENTO BASCO
Col tempo è diventato un centravanti d’area per definizione, il ‘9’ da sfondamento amato e odiato da tutta Bilbao, prima ‘carezza’ e dopo ‘schiaffo’, dritto ai tifosi.
Nel 2014 lasciò la ‘Catedral’ da svincolato per andare alla Juve: “L’Athletic mi ha reso uomo e calciatore, ma volevo una squadra da sogno, incline alle mie ambizioni”. Dicono che il tempo lenisca le ferite, ma non a Bilbao. Il San Mamés ti avvolge e ti protegge, un po’ come fa il San Paolo con il Napoli, basta non tradire.
Perché lì, dai baschi, uno ‘sgarro’ così resta per sempre. Llorente, Iñigo Martinez, Laporte. Vai via una volta e te ne vai a vita, senza ritorno. ‘Il re Leone’ era l’ariete di Bielsa, lo spauracchio delle big, la fedeltà contro chi spende. Politica e pallone.
Llorente avrebbe dovuto sfondare le porte dei potenti a suon di ‘cabezazos’ dopo aver perso 4 finali (due Coppe di Spagna, una Supercoppa e l’Europa League). Il suo addio ha deluso i tifosi, lui ha provato a riallacciare i rapporti ma non c’è stato verso. "Traditore", gli dicono.
ROJA E PREMIER
Punta del Tottenham per due stagioni, riserva di Kane dai gol decisivi. L’anno scorso, ai quarti di Champions contro il City, siglò la rete del 4-3 mandando gli Spurs in semifinale: “É stato il gol più importante della mia vita”. La rivincita del ‘nove classico' contro il ‘falso nueve’ di Guardiola, per una volta sola.
Importante a modo suo, anche simpatico. Una volta ‘prese in giro’ un giornalista cinese nel post-gara per il suo strano spagnolo. Carattere forte, combattente nato. Llorente è cresciuto in un paesino di 3mila abitanti – Rincón de Soto – e l’ha lasciato per giocare nell’Athletic: “A 14 anni avevo già visto 5 paesi”. Merito del fútbol.
Campione del Mondo con la Spagna nel 2010, Campione d’Europa nel 2012 dopo aver battuto l’Italia in finale (4-0). Più di 200 reti tra i professionisti in 630 partite. Nel 2015 ha vinto l’Europa League con il Siviglia, ma ha perso due finali di Champions (nel 2015 con la Juve e l’anno scorso con gli Spurs).
Giocava per strada ed è salito sul tetto del mondo, aveva paura dei media e adesso lo cercano tutti, amava la musica e oggi divora serie tv. “Il destino mi ha dato ogni cosa, ma forse mi deve una Champions”. Intanto gli ha restituito la Serie A, e una bella città dove batte sempre il sole.