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Le cartoline di Ezatolahi, l’iraniano giramondo: “Il Mondiale un orgoglio, volevamo gli ottavi”

La nostra intervista al centrocampista dell’Iran che da bambino sognava Ronaldo: il passato, il fair-play degli Stati Uniti e il sogno ottavi

Quando squilla il telefono, Saeid Ezatolahi è a Londra. “Qualche giorno di vacanza, poi torno a lavorare”, ci dice. 26 anni, centrocampista difensivo del Velje in Danimarca. È reduce dal suo secondo Mondiale con la nazionale dell’Iran. Tra gioia, sacrificio e un grande rimpianto, si racconta a Gianlucadimarzio.com.

 

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“Mondiale con l’Iran un sogno, anche se…”

Ezatolahi è un giramondo. Ha giocato in sette paesi diversi. Ripetiamo, ha solo 26 anni. Il viaggio parte dall’Iran, passa per la Spagna, la Russia, il Belgio, la Scozia, il Qatar e arriva, infine, in Danimarca. Ma la prima cartolina della nostra chiacchierata viene da Doha, città del Mondiale, in cui Saeid era già stato con l’Al-Gharafa. “Giocare una competizione di questo livello è un sogno per tutti: sono grato di avere avuto nuovamente questa opportunità dopo Russia 2018”.

“È un onore poter mettere al servizio della nazione le mie qualità, mi rende orgoglioso”. Ma, come dicevamo prima, c’è un rimpianto: “Speravamo di qualificarci alla fase a eliminazione diretta, coltivavamo questo sogno, ci credevamo e abbiamo lavorato a lungo per questo. Continueremo a farlo in vista del 2026”. Saeid tira fuori il petto, orgoglioso: “Vogliamo essere noi i primi della storia a farcela. Per l’Iran”.

Parola d’ordine: imparare

“In generale, comunque, è stata un’esperienza positiva: ho imparato tanto”. Concetto ricorrente di quest’intervista: imparare, diventare più forte e consapevole, sempre. Ma torniamo a noi. “Vedere la mia famiglia tifare per me nel massimo palcoscenico al mondo è la più grande aspirazione che si possa realizzare. Sono contento e ora guardo avanti, voglio migliorarmi per le prossime competizioni”.

“Bellingham impressionante. Commosso dal fair-play USA”

 

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Il Mondiale dei ragazzi di Queiroz non era iniziato bene. 6-2 contro l’Inghilterra, protagonista Jude Bellingham: “Quel ragazzo è impressionante. Ci ha distrutto e mi ha lasciato senza parole. Ha 19 anni ma gioca come ne avesse 30. Maturità, potenza e fiducia nei propri mezzi. Diventerà uno dei migliori nel suo ruolo, o forse lo è già”. Un attimo di silenzio, e sentiamo di nuovo l’orgoglio (e la gioia) di Ezatolahi: “Dopo quella batosta, però, ci siamo rialzati: la vittoria contro il Galles è stata un’emozione stupenda. Potevamo solo vincere per restare in vita, altrimenti tutto sarebbe stato vano. L’atmosfera era incredibile. Eravamo pronti a lottare uno per l’altro, l’abbiamo fatto. Abbiamo vinto”.

La seconda cartolina che resta impressa sa di fair play. Ezatolahi, seduto a terra dopo la sconfitta contro gli Stati Uniti, piange. L’Iran è fuori dal Mondiale dopo una partita di lotta. Accanto a lui, due giocatori degli USA (Yedlin e Sargent) lo consolano. Il calcio, lo sport, è questo. Credo che questa sia la migliore immagine per rappresentare i valori di un Mondiale. C’è tutto: lotta, lacrime, sudore, amicizia, rispetto per l’avversario. Me l’hanno insegnato fin da piccolo: stringi la mano a coloro i quali hai appena sfidato. Sono nemici in battaglia, ma quando l’arbitro fischia tre volte ci si rispetta. Il gesto dei calciatori statunitensi mi ha commosso, ho apprezzato molto. È la cartolina che porterò sempre con me di questo 2022”. E qui la voce si spezza… “Volevamo così tanto qualificarci”. “We wanted it so bad, mate”, ripete Saeid al telefono. Come un mantra, un memorandum per lavorare più di prima.

 

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“Non dimentico il mio passato: in Iran, sognavo Ronaldo. Ragazzi, siate forti”

Poi la mente lo riporta a casa, in Iran. “Non è stato facile arrivare fin qui. A 26 anni ho 50 presenze in Nazionale, ho giocato due Mondiali e mi sento pronto al grande salto. Ma sono cresciuto in una nazione povera, non avevo accesso a scuole calcio. Come molti miei compagni di nazionale, giocavamo in strada. Immaginavo di essere Ronaldo il Fenomeno. Lo adoravo. Provavo a replicare i suoi movimenti per le strade. Sognavo di emulare il suo cammino. Ma ero un bambino nelle strade iraniane. E non dimentico il mio passato”.

“Ci ripenso spesso. Mi spinge a dare sempre del mio meglio, a raggiungere i miei obiettivi con passione e dedizione. Ho avuto la fortuna di avere un padre calciatore: mi ha aiutato a prendere le scelte giuste nei momenti decisivi, quando ero ragazzino. Ai giovanissimi dico sempre di credere in sé stessi e di restare forti, nei momenti più belli come in quelli più brutti. Il calcio ti mette di fronte tante sfide, devi essere pronto anche a quelle difficili. Siate forti e raggiungerete quel che sognate”. Parola di Saeid Ezatolahi, un ragazzino iraniano che sognava Ronaldo.