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“Sembrava un film: io marcato da Maldini a San Siro…”. Giuseppe Greco si racconta

Dalla A alla D, gol per tutte le categorie. Il 29 novembre 2009 stendeva il Siena al ’92 minuto, regalandosi la prima rete in serie A: adesso Giuseppe Greco segna per il Castelvetro, serie D. Undici le reti stagionali, in coppia con un’altra promessa non del tutto mantenuta Giuseppe Cozzolino. Di mezzo quasi 50 gol in serie B e 20 in Lega pro. Pupillo di Giampiero Ventura, Giuseppe non si preoccupa più di tanto della categoria:

“Il gol è sempre un momento di gioia da condividere con i compagni” – dichiara Greco ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – “Si tratta di emozioni speciali, in A come in D. Io ho segnato un po’ in tutte le categorie e questo mi inorgoglisce, significa che tutto quello che ho avuto in carriera me lo sono sudato e meritato. Perché la D? L’estate scorsa ho parlato con la dirigenza del Castelvetro e mi hanno subito impressionato. E’ una società sana, ambiziosa, con un programma preciso. Inoltre si trova vicino casa, io abito a Modena: era arrivato il momento di tornare. Con la mia esperienza ho reputato di poter essere l’ideale per far crescere questa società. Siamo una neopromossa, ma ci troviamo a ridosso delle prime. Centrare la promozione non è un’impresa facile con squadre come Ravenna, Delta Rovigo, Imolese, Correggese, società che sanno come poter vincere questo campionato. Noi dobbiamo crescere ancora tanto”.

Con una coppia d’attacco Cozzolino-Greco nulla è impossibile… “Giuseppe lo incrociai già nel Chievo Verona e dunque so che tipo di calciatore e di persona è. Quest’anno ho avuto la fortuna di rincontrarlo e di poter giocare con costanza con Beppe. Confermo tutto quello che di buono si dice di lui: come me poteva fare tutta un’altra carriera”. Carriera che è iniziata grazie a uno zio… “Sì. La passione mi è venuta grazie a mio zio, Renato Greco, ex giocatore di Salernitana e Lecce. Partì dall’Eccellenza e arrivo fino in serie A con Delio Rossi. Mio padre seguiva mio zio e mi ha permesso di venire a contatto con questo mondo meraviglioso e di innamorami subito. Ho sempre tifato per la Juventus e il mio idolo era Baggio. Roberto era un giocatore di un’eleganza e di una capacità tecnica straordinarie. Se non avesse avuto tutti quegli infortuni sarebbe stato tra i primi 3-4 giocatori più forti del mondo di sempre”.

Esordio in A a 19 anni, il 3 maggio del 2003, niente meno che a San Siro“Ah, ricordo bellissimo. Giocavaonella Primavera e ci allenavamo con la prima squadra. Quel fine settimana Fascetti ci chiamò in 3 per andare in ritiro. Già il solo fatto di essere stato convocato, vivere le emozioni della vigilia e calpestare l’erba di San Siro, per me è stato qualcosa di straordinario. Poi Fascetti mi disse che sarei andato in panchina e le gambe iniziarono a tremare. A fine primo tempo mi disse “scaldati”. Non ho capito più nulla, tanti pensieri in testa e ti sembra di essere quasi in un film. Poi entri in campo e ti trovi davanti una leggenda come Paolo Maldini e allora veramente ti chiedi se è tutto vero o stai sognando. Capii che era vero solo il giorno dopo, quando incorniciai la maglietta che mi aveva regalato a fine partita Paolo”.

Tra gli allenatori che più hanno apprezzato Giuseppe c’è un certo Giampiero Ventura: “Ho avuto la fortuna di avere ottimi allenatori e sicuramente Ventura è uno di questi. Prima di tutto ti insegna a giocare a calcio: è un professore. In qualsiasi momento della partita e in qualunque zona del campo riesce a farti capire perfettamente quello che devi fare, le sue idee. A Bari arrivai in ritiro dopo un infortunio al tendine d’Achille: facevo fatica durante gli allenamenti. Avevo appena terminato la riabilitazione ed era stato un infortunio abbastanza doloroso. Fu un anno fantastico, Bari è una piazza che dovrebbe stare in A 10 anni sì e uno no, non il contrario. In rosa c’erano giocatori fortissimi e Ventura ci faceva giocare alla grande. Gol al Siena? Non dovevo andare neanche in panchina perché avevo l’influenza. Gli ultimi 15 minuti Ventura mi mise in campo con Antonelli: scelta azzeccatissima. Su cross di Antonelli io sono riuscito ad anticipare il difensore e a mettere la palla in rete”.

Rapporto speciale con Leonardo Bonucci: “Con Leo ho giocato anche a Pisa, dove arrivò in punta di piedi. Fece benissimo, nonostante la retrocessione. Vidi un giocatore con potenzialità enormi, soprattutto tecniche. A Bari con Ranocchia formò una coppia di centrali quasi insuperabile. E’ vero, tra i due Ranocchia era quello considerato più promettente, ma io conoscevo bene Leo, sapevo che non avrebbe mai mollato ed è arrivato dove è ora con pieno merito. Vuole sempre migliorarsi, ogni volta è una sfida per andare oltre i suoi limiti. Attualmente è il centrale più forte del mondo”. Potevi avere più fortuna in A? “A gennaio 2010 decisi di andare via, dopo l’infortunio volevo delle risposte, capire se potevo ancora giocare ad alti livelli e in determinate squadre. Ci fu il trasferimento a Cesena, dove vincemmo il campionato. Da quel momento non ho più avuto la possibilità di tornare in serie A. Magari con il senno di poi ho il rimpianto di non essere rimasto a Bari. Ma alla fine penso che in carriera ognuno ha quello che si è meritato”.

Che tipo sei fuori dal campo? “Sono una persona molto tranquilla. Cerco di rilassarmi e recuperare energie attraverso il riposo e stando in famiglia e con gli amici: con le persone che so mi vogliono bene. Anche una semplice passeggiata con mia figlia e mia moglie per me significa tanto.E non ho mai avuto eccessi nella mia vita: mi godo la tranquillità di casa mia”. Tutt’altro clima negli spogliatoi: “Sì (ride), ma per fortuna non sempre. Ricordo le sfuriate di Gasperini quando ero al Genoa. Ventura non era da meno, vulcanico sia dentro che fuori dal campo. Però sono stato in spogliatoi fantastici, ho avuto questa fortuna, mai un problema con i compagni”. Futuro? “Sto ancora bene fisicamente e mi piace ancora il profumo del prato, il ritmo degli allenamenti settimanali e l’adrenalina pregara. Penso ancora al calcio giocato. Non so se sarei capace di fare l’allenatore, mi sono reso conto che non è facile: troppi pensieri. Se dovessi rimanere nel mondo del calcio forse mi vedo più come team manager o dirigente”. E intanto segna per il Castelvetro.