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Erjon Bogdani, una torre albanese in piazza del Campo. “Cara Siena, con te ho vissuto i miei anni migliori”

Dal 1348, per i senesi, la Torre della città è sempre quella del Mangia. Imponente e iconica rappresentazione della grandezza passata. Svetta in piazza del Campo, vigila sul Palio e sulle contrade. Per qualche anno però Siena ne ha avuta un’altra. Alta 191 centimetri e non 88 metri, eppure capace, a modo suo, di entrare nei cuori della gente. Erjon Bogdani, il totem del Siena che lottava per restare in serie A. L’attaccante su cui contare nei momenti difficili: undici gol alla prima stagione in bianconero, il record – nel massimo campionato – di una carriera giocata di sponda. “Arrivai nell’estate del 2005”, ricorda ai microfoni di gianlucadimarzio.com. “Cercavo una squadra che mi facesse giocare con continuità e trovai un gruppo con grandi qualità. È stato il periodo più felice della mia vita calcistica”.

Erjon, albanese di Tirana, veniva da una stagione eccellente a Verona in serie B. Una sentenza, il terminale di una squadra finita al settimo posto dopo avere a lungo accarezzato il sogno promozione. Un inverno da protagonista e una brusca frenata a primavera. Dai paragoni con Ibra allo scetticismo della Reggina, proprietaria del suo cartellino. “Avevo segnato 17 gol, ma sembrava che per me non ci fosse posto. Mazzarri mi apprezzava ma in Toscana avevo più garanzie di giocare e Chiesa come compagno di reparto”.

Col bomber genovese completa una coppia difficile da affrontare. Locatelli alle loro spalle a rifinire il lavoro di una squadra operaia, orchestrata da Gigi De Canio. In quel Siena, Erjon offre il suo profilo migliore. Segna anche a Reggio Calabria ma la giornata migliore la trova qualche chilometro più a sud. “A Palermo segnai una tripletta. Fu una vittoria fondamentale in chiave salvezza. Venivamo da un periodo buio. La domenica precedente, il Milan ci aveva travolto in casa. I giornali dissero che ero impacciato e fuori forma. Una settimana dopo presi 9 in pagella”.

Più 9, nella contabilità da fantacalcio, un gioco che non ha mai evidenziato l’importanza del suo lavoro sporco. Più sportellate che ricami, più sponde che assoli, alfiere di una coralità da sostenere con ogni mezzo necessario. Utilità e disponibilità: le parole d’ordine per trovare sempre un posto. “La gente mi ha sempre rispettato perché non mi sono mai risparmiato. I senesi aprono il cuore a chi mostra quest’atteggiamento”.

I tifosi della Robur si sono aggrappati a lui, per schivare le insidie di una serie A vissuta come una lunga curva di San Martino. Il cavaliere di Tirana ne è uscito indenne al primo anno, ha lasciato la corsa a metà stagione nell’anno successivo ed è tornato a gennaio del 2012. Per rialzare il gruppo allenato da Sannino: partenza di rincorsa al canapo e festoso arrivo al traguardo della salvezza. Tre reti in altrettante gare al suo ritorno, il modo migliore per indicare la via. “Purtroppo l’anno seguente andò tutto male e retrocedemmo. Decisi che era il momento di smettere”. E iniziare a pensare a un nuovo ruolo: in panchina, non più ad aspettare il proprio momento, ma a dirigere gli altri.

Oggi Erjon allena la nazionale under 19 albanese. “Cerco di trasmettere le mie idee e l’esperienza che ho accumulato in campo, mettendo insieme ciò che ho imparato dai miei allenatori. Mi piace giocare con il 4-3-3 ma non sono un integralista. Il modulo dipende sempre dai giocatori che hai e da chi ti trovi davanti”.

Buon senso e scelte tattiche simili a quelle dell’attuale allenatore dei bianconeri, Michele Mignani, suo vecchio compagno nella prima esperienza in bianconero. “Dava tanti consigli già in campo ed era molto presente nel fare gruppo nonostante giocasse sempre meno. Mi ci sono confrontato spesso quando sono tornato nel 2012. Lui faceva già l’allenatore nelle giovanili bianconere. Sono sicuro che il Siena sia in ottime mani per puntare alla promozione”.

Un traguardo che passerà anche dal derby dell’Ardenza contro il Livorno, crocevia di una stagione da capoliste alternate. Uno scontro che Erjon conosce bene, avendolo vissuto con entrambe le maglie. Perché in mezzo al cammino senese, l’albanese ha vissuto anche una stagione infernale in maglia amaranto, conclusa con due sole reti e un triste ultimo posto. “Andai a Livorno in prestito dal Chievo nel 2007. Purtroppo non trovammo mai serenità. Cambiammo diversi allenatori, Spinelli era il presidente anche allora. Un uomo di grande passione, impulsivo e drastico nei momenti negativi”. Un’abitudine che ha rinnovato nei giorni scorsi: via Sottil, squadra affidata a Luciano Foschi. E non solo, perché anche il ds Facci ha perso il posto, rimpiazzato da Elio Signorelli. “Il Livorno ha dilapidato un grosso vantaggio. Ora il Siena potrebbe approfittare di queste turbolenze. Se dovesse vincere il derby, scriverebbe una pagina forse decisiva del campionato”.

Una previsione ma anche un auspicio per l’ex centravanti. Il suo cuore “batte ancora per il Siena. Sono legato a quella maglia, voglio vederla tornare presto fra i grandi”.

Come quando c’era lui, l’unica torre capace di affiancarsi a quella del Mangia.


Credits photo: Fabio Di Pietro