Donne e calcio, nel 2022 possiamo finirla con la retorica
Agata Centasso e quel tabù (da superare) che il calcio sia solo uno sport per uomini
Mi stavo confrontando con Di Marzio per avere qualche idea da sviluppare per il mio consueto pezzo del martedì quando mi ha consigliato di scrivere un testo per le donne visto che questo martedì è proprio l’8 marzo. La mia risposta è stata: “Bella idea! Ma cosa ci scriviamo?”.
Affrontare questa tematica per me è un onore, ma mi sembrava un argomento troppo ampio e non semplice da trattare. Ah, le donne… un argomento troppo complesso per essere racchiuso in un solo articolo. Come descriverle rendendogli giustizia ma senza banalizzare il tutto? Non volevo che il mio pezzo fosse semplice retorica e la risposta di Gianluca non mi è stata molto di aiuto, lo ammetto. Diceva: “Beh, se non lo sai tu!“. Come a dire “Cosa dovrei saperne io più di te?“. Come se essere donna dovesse darmi qualche vantaggio nel poter gestire un argomento così complesso e così delicato. Poi, però, ho capito il suggerimento e ho deciso di parlare della donna partendo da me.
Quindi eccomi qua. Quest’anno è stato particolarmente importante, un anno in cui mi sono esposta più del solito sui social per portare avanti una battaglia: far conoscere il calcio femminile. Non sono mai stata un’amante di Instagram. Lo avevo certo, pubblicavo qualcosina ogni tanto. Ultimamente, invece, ho cercato di “sfruttare” i miei canali comunicativi per questo scopo.
Sono stata anche molto fortunata e ho avuto diverse occasioni per farmi conoscere. Di Marzio stesso mi ha contattato per scrivere una mia rubrica nella quale esporre i miei pensieri e raccontare proprio di noi calciatrici. È stata una fortuna, ma non sempre è stato facile. Esporsi e poter dire la propria vuol dire anche accettare le critiche, i commenti negativi (che talvolta erano solo distruttivi). Ed è stato proprio in questo modo che ho potuto tastare con mano che ci sono ancora molti pregiudizi nei confronti delle donne che giocano a calcio.
Ci rendiamo conto? Quasi sempre più di un commento sotto i miei articoli recitava: “Il calcio è per gli uomini”. Spesso mi è stato scritto di pensare a cucinare il sugo per la pastasciutta. Doversi fare largo in un mondo maschilista per antonomasia vuol dire ricevere questi commenti ma andare avanti per la propria strada cercando di acquisire credibilità e di convincere anche i più scettici. Non so se stia funzionando ma spero, nel mio piccolo, di muovere qualcosa.
L’8 marzo spero di poter festeggiare pensando di aver contribuito anche io, anche se in piccola misura, a portare in alto il calcio femminile. E se anche avrò convinto una sola persona a guardare con altri occhi le donne che si fanno largo in un “mondo fatto per soli uomini” per me si tratterà di una battaglia vinta. Non parlo solo del calcio ovviamente. Sarebbe bello che ognuna di noi cercasse di condurre ogni giorno una battaglia, ognuna nel proprio ambito e con le proprie armi.
Molto è stato fatto dalle prime lotte femministe, quando ad esempio le donne inglesi imbrattarono con la marmellata le cassette delle poste per protesta e bloccare così la comunicazione. Non avevano nulla, solo la loro marmellata fatta in casa. Durante la seconda guerra mondiale le donne sostituirono nelle fabbriche gli uomini che si erano recati al fronte, dimostrando di non essere inferiori all’uomo nel lavoro e guadagnando la consapevolezza di non poter accettare condizioni umilianti e riduttive.
Quindi nel giorno dell’8 marzo vorrei ricordare tutte quelle donne che ci hanno permesso di arrivare a questo punto al giorno d’oggi, continuando nella rivendicazione di un’autentica parità. Anche se diversa, perché noi siamo e rimarremo sempre orgogliosamente femmine. Ma possiamo essere alla pari, in ogni ambito. Perché no, anche nel calcio. C’è ancora molto da fare, intanto sventolo con fiducia la mia mimosa. Auguri a tutte le donne, oggi ma anche tutti gli altri giorni dell’anno.