Un granata a Debrecen: “Il sogno di un bambino, vi racconto la mia storia”
Per raccontare questa storia, bisogna andare indietro di diversi anni. Oltre sessanta. Era il 1956 e in Ungheria i carri armati sovietici facevano irruzione per sedare una rivolta popolare contro il regime. Erano anni duri, la guerra era finita da meno di dieci anni, le scorie di questa si respiravano ancora tutte, e si stavano sempre più raddensando le nuvole di una Guerra Fredda imminente. Succede che un bambino, di cognome Massucco (che più piemontese di così è difficile da trovare), si era ritrovato di fronte alla televisione che trasmetteva le immagini dall’Ungheria. “Prima o poi vorrei fare qualcosa per quello Stato”, il suo pensiero. Anni dopo, la Massucco Industrie, impegnata nel settore siderurgico metalmeccanico, ha aperto una sua sede anche a Debrecen. L’Amministratore Delegato si chiama Roberto, è pronipote del fondatore della azienda nata nel 1882, e “tifo Toro”.
Lo dice subito, mettendo le cose in chiaro. “Da ragazzo, ho avuto la fortuna di sedermi vicino alla panchina di Gigi Radice (l’allenatore dell’ultimo Scudetto, ndr) durante un’amichevole disputata a Ivrea. Un sogno e un’emozione”, continua. Un granata a Debrecen: la storia è già incredibile di per sé. Proprio quella Debrecen che giovedì 1 agosto ospiterà il Torino nel ritorno del preliminare di Europa League. “Non vedo l’ora”, racconta ai microfoni di Gianlucadimarzio.com. Il bambino in questione è suo cugino, ma il progetto è stato sposato anche da lui: “Sono torinese di nascita e nella vita ho fatto un po’ di tutto. Mio padre non aveva seguito le orme della famiglia, aveva fatto altro. Io sono stato carabiniere, ho anche lavorato in Fiat. Nel 2007 mio cugino Alberto, di dieci anni più vecchio di me, mi ha chiesto di rientrare in azienda, offrendomi il posto in Ungheria. I miei figli erano già grandi, ho preso e sono partito”. Reinventandosi la sua vita.
Dopo Budapest, Debrecen è la città più importante. Si trova a pochi Kilometri dalla Romania. “C’è una vitalità che ho visto poco anche in Italia. Io mi sento profondamente italiano, anche se vivo qui da 12 anni. Di recente, è stato investito quasi un miliardo di euro per ricostruire tutta la città. Ora è tutto diverso: c’è grande fermento. Il costo della vita è ancora accettabile e dal punto di vista del lavoro la richiesta di manodopera supera addirittura la reale disponibilità”. Aveva anche provato ad aprire una caffetteria, faceva il bicerin, una bevanda tipicamente torinese fatta di caffè al cioccolato con panna: “Non funzionò, i tempi non erano maturi”.
Ora è tutto diverso. C’è anche lo stadio nuovo, che la Fiorentina non vide perché contro il Debrecen (era l’ottobre del 2009), giocarono a Budapest. “Allora, l’impianto mi ricordava quello del… Borgorosso”. Solo chi ha vissuto a Torino sa di cosa si parla: un paio di migliaia di posti per uno stadio da campionato dilettantistico.
Torino-Debrecen, andata e ritorno. Viaggia spesso Roberto. Ma allo stadio non poteva mancare: “Ci sarò, anche se ho dovuto chiedere a dei miei amici di portarmi dei vestiti granata. I miei sono tutti in Italia”. In città il calcio viene vissuto in maniera “molto serena. Seguo anche un’altra azienda del gruppo che si trova a Somma Vesuviana, vicino a Napoli. Lì è una religione, qui, per ora, sento solo gli sfottò in azienda nei miei confronti. In questi giorni le persone sono in vacanza: è più o meno come il Ferragosto in Italia. Ma ci sarà comunque molta gente, tra cui tante famiglie”. Una bella cornice. “In Ungheria si segue molto anche il nuoto, con vere e proprie eccellenze. Ma il calcio è sempre il calcio”, aggiunge.
Un torinista a Debrecen potrebbe essere il titolo di un film. Forse, questo torinista non poteva nemmeno pensare di essere il protagonista. Calcio, storia, intrecci e passione: il sogno di un bambino può portare davvero molto lontano.