Questo sito contribuisce all'audience di

Dalle origini a Superga, da Vercelli all’Olimpico. Auguri Toro, il nostro viaggio nei tuoi 110 anni

Via Pietro Micca, 22. L’indirizzo corrisponde a un elegante ristorante a due piani. All’ingresso c’è una targa, messa lì dieci anni fa, in occasione del centenario del Torino. Ricorda che proprio dove ora sorge quel ristorante, è nato il Torino. “Si chiamava Birreria Voig – ci dice Maurizio Penna, direttore del Café Norman -. Prima faticavano a riconoscere l’importanza di questo luogo, ora, dal centenario, tutto è cambiato. I tifosi vengono qui, quando la squadra gioca in casa, fanno le foto, è un punto importante per chi ha il cuore granata”. Ed effettivamente basta una targa e il pensiero di cosa sia nato in quel preciso punto per emozionare. Lì, il 3 dicembre 1906, un gruppo di dissidenti della Juventus, guidati dallo svizzero Alfred Dick, ha dato il via alla storia. E proprio da lì è partito il nostro itinerario granata nei luoghi chiave della storia del club. La seconda tappa sarebbe lontana dalla città, dovremmo andare a Vercelli, perché è lì che si è giocato il primo incontro ufficiale, con il successo del Torino per 3-1 sulla Pro Vercelli. Saltiamo però Vercelli, prendiamo il 58 – perché per respirare le atmosfere della città non c’è niente di meglio dei mezzi pubblici – e scendiamo in Corso Duca degli Abruzzi. Qui, all’angolo con Via Amerigo Vespucci c’è una zona ricca di negozi. In questo spazio, fino al 1917 sorgeva il Velodromo Umberto I, teatro del primo derby vinto ai danni della Juventus: finì 2-1, il 13 gennaio 1907. Solo chi sa cosa accadde in quello spazio può provare un’emozione, perché la modernità ha ormai cancellato le tracce di quel passato. La città è andata avanti, così come il Toro. Toro che poi si è spostato al Filadelfia. O meglio, quello che poi è diventato il Fildelfia. Facciamo lo stesso percorso anche noi: saliamo sul 10, facciamo un piccolo pezzo a piedi ed eccomi in Via Filadelfia. Passiamo prima dal civico 88, dove il Torino ha giocato le sue partite prima di trasferirsi un po’ più avanti, in quell’impianto che ora è in ricostruzione e posso già scorgere in lontananza. Ora, qui, c’è il Palalpitour e accanto lo Stadio Olimpico. Il presente si è introdotto nel nostro cammino attraverso il passato e, poco più avanti, il passato incontra già il futuro. Dove prima sorgeva lo stadio Filadelfia (siamo al civico 36), sta nascendo un nuovo impianto. È emozionante osservare la novità che prende forma, ma ancora più emozionante è ricordare cosa sia successo in quel terreno di gioco. Lì il Grande Torino ha costruito i suoi successi. Lì si è scritta la storia. Pensare al Grande Torino ci procura subito un brivido. Impossibile non farsi travolgere, conoscendo la storia.

Sappiamo qual è la mia prossima tappa. Superga non è vicina, faccio diversi cambi di linea, ma alla fine eccomi in cima. Davanti a me c’è la Basilica, dietro uno dei più bei panorami italiani, con Torino che si staglia meravigliosa ai tuoi piedi. La bellezza, però, ora non conta. Quello per cui siamo venuti è dietro la collina. Lì una delle più grandi squadre della storia del calcio ha conosciuto la sua fine. Camminare verso la lapide che commemora il Grande Torino non è semplice. Cambia l’atmosfera, cambia l’aria, si percepisce la sacralità di quel luogo. Al cospetto di quel ricordo, con le sciarpe delle squadre che hanno reso omaggio e i nomi degli uomini straordinari che lì hanno perso la vita, ci si sente piccoli. E tristi. Non importa quale sia la vostra squadra del cuore. Dedichiamo a quel luogo il tempo necessario, ricordando l’assurdo schianto, la terribile fine, il nobile motivo che aveva mosso quella squadra (una partita di beneficenza). Un brivido mi riporta alla realtà. Non c’è tempo per crogiolarsi nella tristezza, il viaggio riparte, così come è ripartita la storia granata. Dovremmo tornare al Comunale, perché è lì che i granata hanno giocato dopo l’abbandono del Filadelfia, ma quella sarà anche la fine del nostro tour granata, quindi prima faccio tappa in Corso Re Umberto. Qui, all’altezza del numero civico 46, c’è un monumento in granito rosso eretto nel 2007, a 40 anni dal tragico incidente che ha portato via un simbolo granata. Qui, mentre attraversava, Gigi Meroni, la ‘Farfalla Granata’, venne investito dal giovano Attilio Romero, che anni dopo (nel 2000) diverrà anche presidente del Torino. Il monumento ricorda l’ennesimo duro colpo sopportato dai colori granata, ma ci riporta alla mente anche in che modo essi reagirono, con il 4-0 nel derby giocato una settimana dopo, con la tripletta firmata da Nestor Combin, grande amico di Meroni, che sconfisse febbre e Vecchia Signora. Tutto il Toro racchiuso in un episodio, pensiamo. La gloria, il dolore e la reazione. Di chi sa soffrire, ma non sa cosa voglia dire arrendersi. Da Corso Re Umberto riprendiamo il 10 e poi eccoci: davanti a noi c’è lo Stadio Olimpico Grande Torino. Qui ora gioca un altro Toro. Un Torino che oggi compie 110 anni e non fa come noi, che ci sono concentrati tanto sul passato, ma guarda fisso al futuro. Qui tutto è ricominciato dopo il ciclo Ventura. Qui ora c’è il Toro di Mihajlovic, che incanta e fa sognare, un po’ folle, ma con la grinta che racchiude il ‘vecchio cuore granata’. Vista la bellezza del passato viene difficile dire che il meglio deve ancora arrivare, ma i tifosi sognano di nuovo. E questo è il modo migliore per spegnere spegnere 110 candeline.

A cura di Edoardo Siddi